Se è del PARTICOLARE, che vogliamo finalmente fare scienza…

Creato il 08 ottobre 2012 da Tnepd

Cavolo! Siamo nel 2012, quasi alla fine di questo anno paradigmatico per quanto concerne il cambiamento nella “coscienza”, e nella relazione tra “ego” e “coscienza”, a livello tanto del singolo, quanto collettivo, e la gente continua a camminare per la strada come nulla fosse . O meglio, come se “coscienza” ed “ego”, “nulla fossero”! Siamo nel periodo dell’estroversione a tutti costi, del resto. Le strade pullulano di sorrisi di facciata a 50 denti, di depressi sorridenti  e animali sociali che affogano il proprio “essere” tra buffet e aperitivi “rituali”. Sociali ad ogni costo. Le vere emozioni sono represse o soppresse da qualche parte, certo. Ma la gente ha imparato a non “sentire”; ovvero a non esistere in senso pieno. Occhio che non vede ( in questo caso, l’occhio della mente), cuore che non duole… In cambio, questi signori vivono di consenso, completamente decentrati e estranei ormai a loro stessi. Non importa cosa sentono, cosa vogliono, cosa pensano. Neanche loro vogliono più saperlo, del resto, per recidere ogni legame con la fonte del dolore interiore ( che è sempre INDIVIDUALE e PERSONALE ). L’importante, a quanto sembra, è “ciò che gli altri si aspettano che loro sentano, provino, pensino”. Ancora di questi tempi, far comprendere a una buona maggioranza degli individui   che  il loro problema principale non sono gli altri, non è quello che accade là fuori nel mondo, bensì la loro impersonale via di intendere e vivere la somma tra tutte le relazioni, la RELAZIONE CON LORO STESSI ( e solo in conseguenza di questo primario rapporto,  ciò che accade tra loro stessi e quanto esiste là fuori ), è fantasticare ad occhi aperti da idealisti.  La chiave per il cambiamento di questo mondo sta nella realizzazione di individualità strettamente “personali”, sane e potenti; il che vuol dire CREATIVE; in che a loro volta non può che tradursi con CENTRATE in loro stesse.  L’uomo alienato completamente da ogni rapporto con la propria immensa interiorità, l’uomo frammentato, lo specchio rotto, non è un problema insolubile. Nella sua storia, l’umanità ha scalato montagne più impervie. E’ l’uomo frammentato, lo specchio rotto che è però pago dell’operare narcisista del proprio ego, che è però appagato dai surrogati di autenticità e personalità propinategli dall’immenso “biberon” dei burattinai di questo mondo, semmai, a preoccuparmi. E’ l’essere umano dall’esistenza puramente “estetica”, “esteriorizzante”, estroversa”, a preoccuparmi… Un essere umano deve, deve, deve, assolutamente, entrare in profondo contatto con se stesso. E’ la sua missione. Scisso da questo compito, da questo legame primario, può certo sopravvivere; ma non chiamare quello che gli resta da esperire”vita”. Né tantomeno contribuire in modo alcuno alla CREAZIONE spirituale e materiale di un mondo migliore… L’uomo deve capire che “essere umano” non è uno stato dell’Essere; bensì un percorso in divenire, fino al compimento. Un mestiere a tempo pieno.  Non importa la via che sceglie per attualizzare questa consapevolezza. Disagi , paure , speranze , orrori, sogni, e tutto quanto, a livelli impercettibili per i 5 sensi di questo finale regno materiale, giunge infine a manifestazione MATERIALE, deve poter entrare nella lista delle priorità da assumere e conoscere in profondità.  La scelta che ci si pone davanti, infatti, in questa epoca di profondi cambiamenti anche, non trascuriamolo un istante, ESTERIORI, geo-politici prima di tutto, è se potenziare il nostro senso di umanità personale,  se trasformarci, “radicarci” ed evolvere ad un tempo, e diventare finalmente un’umanità autentica e integra ( e solo così potremmo dare vita, quindi, a forme di “collettività”organizzate spiritualmente, psicologicamente, emozionalmente pienamente umane, centrate in loro stesse e funzionali a un “bene” reale  e duraturo)   come mai lo siamo stati( non certo nella storia degli ultimi millenni) ; oppure continuare a lasciarsi plasmare da abili burattinai, e  lasciarsi trasformare in creature infine, tra non molti anni, del tutto “post-umane”. Una sorta di OGM a due zampe, o qualcosa di ancora peggio. Il problema principale è che le strade e i percorsi personali, per recuperare o instaurare una sovranità personale e una prosperità olistica della creatura “essere umano”, sono tutte in salita e farcite di ostacoli messi di proposito sul nostro cammino. Mentre le strade collettivizzanti e sterotipate, che conducono alla perdizione di ogni contatto con se stessi, e quindi al decesso di ogni chiara e limpida percezione di ciò che è bene, e ciò che è male, in senso individuale, sono tutte in discesa, e cosparse di falso nettare degli dei… Ma come può cominciare una persona a entrare in contatto reale con se stessa? Come può farlo, al di fuori del pensare dogmatico e indottrinante di qualsiasi guru e figura di riferimento perennemente esterna? Giacché essere spirituali, non coincide affatto con il  ripetersi silenziosamente che :”Sì! Certo che sono una persona spirituale! guarda un po’ il guru o la dottrina che seguo! Guarda un po’ i testi che conosco a memoria Guarda come ripeto bene e scimmiotto parole, gesti e convinzioni di qualcun altro!” In questo modo, semmai, agisce il giochino degli specchi; il gioco dell’immagine, di se stessi. Ovvero, il gioco dell’ego. Niente più. Allora, forse, potremmo compiere un passo avanti cominciando a ripetere ad alta voce, tutte queste cose che ci vengono in mente, o che ci ripetiamo in silenzio senza neanche accorgersene, e che concorrono giornalmente a formare la nostra immagine “stabile” di noi stessi, e la nostra percezione “solida” di cosa sia quanto ci circonda, no? E forse, da questo primo, difficoltoso passo, potremmo poi accorgerci che possiamo anche ripeterci “cose” migliori, e instaurare un rapporto migliore, e più consapevole, con noi stessi, a furia di domande e risposte che espandano la coscienza, e accendano finalmente come un cavolo di albero di natale i nostri rimbecilliti percorsi neuronali, magari…Magari, parlare da soli, parlare a se stessi, è un inizio valido di rapporto consapevole. Uno tra i tanti possibili  Un essere umano che parla da solo, che parla con se stesso, non è affatto un MATTO. Non fidatevi, se volete una mia opinione e un mio consiglio al riguardo, di parametri di “normalità”, che non siete stati voi a “confezionare”.  Ad essere matto, e certo non solo a mio avviso, è esattamente l’uomo che NON parla mai da solo; il perfetto estraneo a se stesso: colui che non parla, mai, “a” e “con” se stesso… “Che cosa diavolo vieni a raccontarci, signorino? Dovremmo forse frammentarci di nostra stessa mano e, a mo’ di riproduzioni olografiche di minori dimensioni, di una medesima figura olografica iniziale, entrare in rapporto tra settori apparentemente inesistenti del nostro essere?” La mia risposta è “Perché no?” O , se preferite: “Come minimo!” A parte che già il solo fatto di avere un ego significa che  siamo, ipso facto, già creature interiormente frammentate; e a parte l’ovvietà del fatto che domande e risposte, o chiamateli “dialoghi interiori”, per quanto generalmente non vocalizzati, costruiscono la stragrande maggioranza dell’attività di veglia del cervello, non vedo da dove possa mai provenire tanto stupore riguardo al metodo di introspezione che ho esemplificato poc’anzi. Dopotutto, una sorta di frammentazione “strategica” finalizzata all’introspezione e all’autoanalisi è tutt’altra cosa, rispetto alle frammentazioni TRAUMATICHE che subiamo quotidianamente, nella più totale indifferenza nei confronti di noi stessi,  già assistendo a un tg, oppure a un’ennesima autopsia sul tavolo del laboratorio di uno degli innumerevoli telefilm del tipo poliziesco/splatter, che si premurano ogni giorno e sera di metterci di fronte proprio all’ora di cena… Non c’è il “trauma”, nel gioco di dividersi consapevolemente e cercare “insieme” risposte. Non si tratta di vera, o “ulteriore”, frammentazione. E poi soprattutto, si tratta di un’esperienza comunque cosciente; ovvero supervisionata e condotta dalla psiche del singolo; e non da qualcun altro, per ben altri fini, che gioca con la psiche dell’individuo dall’esterno. Con questo semplice esempio di espediente per “guardarsi dentro”, non sto suggerendo a nessuno un dogmatico “come” agire per entrare in contatto con la propria dimensione meno in luce. Si tratta solo di uno tra infiniti esempi e  innumerevoli possibilità. Non esistono dogmi in questo campo; non se il fine è la propria unica e irripetibile esperienza individuale e personale di vita.  NON SE E’ DEL PARTICOLARE, DELL’UNICO, CHE VOGLIAMO FARE SCIENZA… Voglio solo indicare, in più maniere possibili, senza mai osare definire e inscatolare, un particolare “oggetto” che non ha una forma di per sé precisa; che non ha confini determinati né una consistenza palpabile; e ciò nonostante, o proprio per questo, è la più reali tra le  realtà che ci è data esperire ad ogni istante: la nostra CONSAPEVOLEZZA. Non che il suo tirannico, insicuro e nondimeno affascinate guardiano; il nostro misconosciuto “ego”. Me ne stavo dimenticando…;.) Intendiamoci; non sto affermando che l’essere umano debba ripiegare su se stesso, come una spirale, e prendere confidenza con quanto vede, sente, respira e vive, in regioni dell’essere che moti si sono totalmente dimenticati di avere….”INVECE DI” modificare in meglio, “materialmente”, il mondo là fuori. Sto invece affermando, pur partendo e mantenendomi in confini semantici ed espressivi puramente spirituali-essoterici, che questo percorso di conoscenza dell’uomo, alla volta di se stesso, è PROPRIO la cosa che più determina, materializza, realizza ( seppur per vie che l’approccio positivistico-materialista-scettico-a-settico che tutti coltiviamo interiormente per pura “osmosi”storica, precluda ai più la possibilità di prendere in considerazione tale prospettiva)  giorno dopo giorno, i migliori cambiamenti “materiali” di questo mondo ( se non avete fretta ), possibili e, giust’appunto, immaginabili... Può forse una moltitudine di alienati totalmente esterni ed estranei a loro stessi, avere una benché minima idea di quel sia, una realtà “possibile”, EDIFICABILE, finalizzata al benessere e alla prosperità della cosiddetta “collettività”? Possono forse, persone incapaci di comprendere e realizzare a livello prima di tutto immaginativo, cosa davvero le rende felici di loro stesse, di essere loro stesse e non invece qualsiasi, creare e mantenere le fondamente di una società “felice” di se stessa, e fertile espressione del cuore e del “centro sacro” della creatura “essere umano”? Tutto nasce dall’invisibile. E ciò vale tanto per le cose, “buone”; quanto, naturalmente, per quelle “cattive”. Non a caso, quello che constato ogni mattina uscendo per strada, assistendo alle derive sado-masochiste, alla sofferenza, all’alienzazione e allo spreco di energia che mi circonda ogni giorno, può essere efficacemente espresso quale un INCUBO a lungo sostenuto a livello immaginativo, e infine INCARNATO. Tutto viene dall’invisibile. Prima di tutto l’individuo, con la sua carica espressiva di unicità. Ma troppa gente vive e ama vivere alla periferia del proprio essere. Troppa gente lecca docilmente e fedelmente la mano che gli fornisce ogni giorno un surrogato di esistenza autenticamente umana. La modalità di esistenza e relazione”schiavo-padrone”, è lungi dall’essere soppiantata da modelli realmente “olistico”di coesistenza pacifica e non disfunzionale. Parlare da soli? Parlare con se stessi? E’ già un inizio, e un inizio a mio avviso efficace: a patto che si abbia il coraggio di porre delle domande. A patto che si abbia o si coltivi l’ “apertura sul mondo” necessaria, per saper accogliere e discernere le risposte; le quali sicuramente giungeranno. Non si può essere amici di qualcun altro, non in una maniera sana e funzionale, se interiormente viviamo di odio e rancori verso noi stessi. E non si possono conoscere quegli odi e rancori, se non entriamo in rapporto, con TUTTO ciò che questa espressione, “noi stessi”, davvero  implica a livello ontologico e metafisico. TUTTO me stesso, deve essere il limite che l’essere “individuo” si impone interiormente di raggiungere. E infine trascendere. Ma il punto è che quando qualcuno punta con un dito la luna, non vuole certo che gli interlocutori si soffermino a guardare il dito, piuttosto che la luna. Ognuno ha i suoi metodi; ognuno ha le sue procedure, la sua strada. E una “porta” è solo una porta. Apre a una direzione: non E’, certo, il viaggio.  E’ un cammino di ricerca, sofferenza, gioia e stupore, il viaggio. Non è, e non può essere, il “pacchetto uniformante” preconfezionato da religioni, e da ideologie in genere. In un’epoca nella quale ancora i più non si domandano mai che razza di anatomia possa avere, dopotutto, la psiche umana, i medesimi “più” si fanno scudo di presunti ineguagliabili traguardi “tecnologici”, e altri spauracchi di un presunto “progresso”, per dimenticare e reprimere quel “se stessi” con il quale non riescono minimamente a venire a patti.  Ma se l’uomo non conosce se stesso, se non riconosce le proprie interiori pulsioni, se non si prende mai cura dei propri processi interiori di metabolizzazione di traumi e sofferenze; se l’uomo non sa spegnere la luce di camera, la sera, senza che la paura di indefiniti e fantasmatici, ma non per questo meno efficaci, mostri famelici lo assalga, tutta la scienza e la tecnologia e il progresso di questo mondo, non riusciranno mai a risarcirlo della perdita della propria anima.  Certo, a meno che egli non rinunci completamente alla propria condizione “umana”, per diventare lo specchio fedelissimo di un progresso e di una tecnologia senz’anima. A quel punto, non si accorgerebbe più di niente. Ma sarebbe grottesco associare la parola “progresso”, in qualsiasi accezione, a un tale esito finale. Forse è meglio, perlomeno io la vedo così, decidersi un po’ tutti ( o almeno un numero veramente consistente di individui ) per un viaggio spirituale, come vocazione di vita, “alla volta” di se stessi…Naturalmente ognuno al timone della propria “barca”, ognuno per la propria rotta, seguendo ciascuno la brezza e il vento della propria anima. I ricercatori si incontrano sempre, poi, tra loro, in qualche punto, a un certo momento del loro viaggio.  E’ certo meglio rispetto a questa storica, persistente, sfibrante e inumana, “collettiva” ignoranza  delle sottili e potenti corrispondenze ontologiche, tra eventi e fatti che continuano a  manifestarsi come SQUILIBRIO nel “Macro-cosmo” mondo ( ad esempio, guerre, cospirazioni, fame, indifferenza e morte ), da una parte;  e il terribile rapporto interiore che l’essere umano persiste a portare avanti con se stesso, dall’altra. Due facce, del medesimo, misconosciuto, SPECCHIO. Un abbraccio controcorrente David The Hurricane Di Bella    

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