Se i Gazosa servono per parlare di immortalità (il caldo gioca brutti scherzi)

Da Redatagli

La società dell’immagine ci impedisce di invecchiare. Scopro – per motivi insondabili – che la gagnetta bassista dei Gazosa in realtà oggi ha le rughe. E un’espressione aggressiva. Conta poco, il suo aspetto è cristallizzato nelle luci dell’Ariston, il visino da codice penale in allerta, tredicenne del 2001.

Jessica Morlacchi, oggi e ieri.
(verità vuole, però, un’ammissione: la foto odierna è abbastanza tragica, ma altre immagini più istituzionali e realizzate in studi di posa rendono maggior giustizia alla nostra Jessica)

Anche le risate argentine di Buona Domenica di Venditti avranno tra i tredici e i sedici anni: considerato che l’album esce nel ’79, c’è un certo raccapriccio nell’immaginare che quelle voci oggi, ottimisticamente, hanno più di 45 anni. Parleranno di figli, di mutui, di nonni col cancro, di tubature saltate.

Quando al liceo studiavo Dante mi chiedevo che aspetto avessero le anime: voglio dire, una volta in paradiso, il tuo viso è quello di quando sei morto oppure te ne scegli uno?

No, San Pietro, dammi la mia faccia dei 35 anni, è quella che mi sta meglio”.

Difficile.

Perché se ti tieni la faccia di quando oltrepassi il Divin Casello, la faccenda si fa più lineare, ma allora rassegnatevi: altro che 75 vergini, il Walhalla è il raduno Eterno delle Mele Raggrinzite.

Ai nostri pensieri, a quel blob impalpabile e inespresso che chiamiamo “immaginario collettivo”, non interessa. L’immortalità oggi è data dalla presenza – digitalizzata, ma non per forza – di un frammento di noi. L’eterno presente, su cui si sono scervellati dozzine di filosofi, a cavallo tra il pensiero greco e quello ebraico-cristiano, l’abbiamo raggiunto tramite qualche trucchetto, dalla fotografia alle tracce audio ai nastri delle VHS. Un piccolo rimedio contro il passare del tempo, che ha permesso a qualche personaggio di incastrarsi nella nostra memoria, e rimanere tale a dispetto del sorgere e tramontare del sole.

Nell’eterno bisogno di consolazione che ha caratterizzato i popoli, i greci dicevano che “Chi è caro agli déi muore giovane“, nel pieno splendore della propria età.

Più furba la configurazione cristiana, la quale chiarifica che il corpo della resurrezione sarà un corpo glorioso. Perciò, vien da dedurre, saremo bellissimi, di età indefinibile ma attorno ai 30. Tutto questo potrebbe garantire implicazioni grottesche, ad esempio il trovare molto ma molto attraente il proprio padre o la propria nonna. Ma non divaghiamo.

In attesa di salvagenti escatologici, è questo il motivo per cui invidiamo i miti: il successo, ancora più del denaro, è la molla, perché rende ferma l’immagine del soggetto a discapito del tempo. E a ben vedere, questo è il motivo per cui gli idoli morti giovani (Steve McQueen, Marilyn, Hendrix) o comunque spariti dalle scene anzitempo (Mina, Battisti, per restare nella nostra cultura pop) hanno resistito al confronto con le epoche successive, e in generale al logorio provocato dallo scorrere degli anni. Si sono consolidati nella nostra mente in quell’istante, finendo di essere persone e diventando simboli, di loro stessi e di molto altro.

Umberto Mangiardi

@UMangiardi


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