Se il futuro non ritorna mai

Creato il 21 ottobre 2015 da Ilgrandemarziano
Non è la prima volta in cui ci troviamo faccia a faccia con un futuro immaginato dal cinema e dalla televisione. La prima data che, ricordo, scatenò l'immaginario fu il 13 settembre 1999, che ventisei anni prima, era il 1973, venne posta da Gerry e Sylvia Anderson come momento fatidico per l'uscita dall'orbita della Luna che scandiva l'inizio della celeberrima serie Spazio 1999. Dal 13 settembre 1999 sono trascorsi più di sedici anni e sulla Luna non c'è ancora nessuno. Poi giunse il 2001 e noi non potemmo fare a meno di pensare all'Odissea nello Spazio. Nel 1968, in pieno programma Apollo, Stanley Kubrick e Arthur C. Clarke avevano immaginato che trent'anni sarebbero bastati all'umanità per impiantare colonie stabili sul nostro satellite e voli regolari da e verso di esso, senza contare una stazione spaziale orbitante che, sebbene nel film figuri ancora in parte in costruzione, fa impallidire per grandezza, e complessità la nostra ISS. Comunque sia, varcata la soglia del XXI secolo, nessuna base lunare, nessun monolito, nessuna missione umana oltre la Luna. Tutto quello che abbiamo è Samantha Cristoforetti, che è già una gran cosa, certo, ma rispetto a quel futuro lì...
Invero il 2002 è trascorso senza che ci dessimo troppo la pena di confrontarlo rispetto all'apocrifo seguito di 2001 di Douglas Trumbull, 2002: la seconda odissea, passato senza lasciare molto il segno nel nostro immaginario. Anche il 2010 di 2010: l'anno del contatto, autentico seguito di 2001, è trascorso senza nessun accidente di contatto. Mentre il 2012 dell'ultima trasposizione di Io sono leggenda, quella con Will Smith per intendersi, era troppo cupo per poter essere credibile a distanza di così pochi anni dalla sua realizzazione (il film è del 2007). Non ricordo poi nessun'altro riferimento cinematografico fino a oggi, 21 ottobre 2015, giorno in cui Marty McFly va nel futuro nel secondo film della serie di Ritorno al futuro. Anche in questo caso, il futuro immaginato dal duo Zemeckis/Gale è molto diverso da quello che vediamo oggi intorno a noi. Niente automobili volanti, niente skateboard senza rotelle, niente macchine del tempo. Okay, pare che la Nike abbia in effetti realizzato le scarpe autoallaccianti proprio in tributo del film, ma non sono certo che oltrepasseranno lo stadio di prototipo.
Va detto che probabilmente, trattandosi di film (di fantascienza), non interessa mai granché l'aderenza della proiezione a quelli che potranno essere gli scenari reali di qualche decina d'anni più avanti, quanto piuttosto tutta la serie di idee e trovate sceniche che funzionano al meglio narrativamente e cinematograficamente. Eppure non riusciamo a esimerci dal fare i confronti tra la realtà e i film e, soprattutto nel caso di film positivi, quasi rimanerci male per tutti questi futuri che non si sono avverati in nessuno degli aspetti immaginati, come se nel frattempo avessimo sbagliato qualcosa o avessimo mancato un appuntamento fatidico. Evidentemente il libero arbitrio globale, ovvero l'imprevedibilità di ciascun essere umano moltiplicata per tutti gli abitanti del pianeta, è più forte di qualsiasi previsione. La realtà finisce così per essere più prosaica e banale (e lenta a modificarsi) di quello che i registi e gli sceneggiatori immaginano e hanno bisogno per le spettacolari mitologie visive che cercano di costruire. Ma in fondo questa non è poi una gran disdetta. Al cinema i prossimi appuntamenti che mi sovvengono sono Blade Runner (Novembre 2019) e 2022: I sopravvissuti. Nel frattempo sono abbastanza certo che saremo capaci di trovare da soli nuovi e imprevedibili modi di farci del male. L'unica speranza è che non siano abbastanza spettacolari da valere la pena di farci un film (storico).

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