Allora tre italiani su quattro erano analfabeti e bisognerà aspettare gli albori del Novecento per scendere sotto la soglia del 50 per cento (ricavo questi dati da un bell'articolo di Giovanni Solimine su Tuttolibri). Le biblioteche dell'intero Regno erano solo 250, per di più non certo pensati per diffondere la cultura, piuttosto per tenere sotto chiave volumi preziosi.
Se uno sta a questi numeri, le cose oggi sono cambiate, come no. Sulla carta le biblioteche sono circa 16 mila, eppure, eppure, quanto siamo lontani da tanti altri paesi della nostra Europa. Solo l'11 per cento frequenta una biblioteca e del resto solo il 46,8 per cento degli italiani ha letto almeno un libro: e che tristezza, in quell'almeno.
Uno potrebbe dire, almeno ci sono le biblioteche, questi presidi di civiltà, questi avamposti di una società davvero civile. Poi si legge che la Nazionale di Firenze, la più importante istituzione bibliotecaria di Italia, ha un bilancio di soli 2 milioni di euro, contro i 254, per dire, dell'analoga realtà di Parigi.
Credo che il confronto sia ugualmente impietoso, scendendo alle piccole biblioteche di paese o di quartiere.
E oggi? Oggi pare che il 70 per cento degli italiani non sappia comprendere un semplice testo o compilare un modulo (non dico capire una lettera della nostra burocrazia, che si sa, quella è l'antilingua di Italo Calvino).
E ci sarebbe bisogno di nuovi Pasquale Villari, a mettere il dito nella piaga, a proclamare che no, no davvero, il nemico non è l'Austria, né paese equipollente.