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Ancora oggi in alcuni momenti, sebbene siano passati tanti anni, sembra di vedere la stessa foto. Un fermo immagine che riscalda l'animo e che Il tempo non sbiadisce. Anzi, cullati da carezze inattese, tutto appare come una volta perché sono i ricordi a restare nitidi. Ben impressi. In primo piano ci sono grandi occhi sorridenti di bambini felici. Si accontentavano di niente o quasi e bastava poco per dare spazio alla loro gioia. E sì perché un tempo quando la miseria entrava in casa di molti, senza bussare, bastava poco per vivere il Natale. Chi aveva una casa piccola e chi, invece, fortunato ne aveva una che faceva anche da ricovero degli animali al coperto - era in cucina, dove stava anche il camino che prendeva quasi un muro intero da parte a parte - che la famiglia si stringeva per sentire " li cunti de lu tata ranne ", i racconti del nonno. Questo succedeva spesso, quasi ogni sera d'inverno davanti al fuoco e d'estate sull'uscio di casa. Ma nei giorni di festa, a Natale, l'atmosfera era diversa, intima, di serena rassegnazione per una vita di stenti, di dignitosa consapevolezza per una ricchezza non quantificata e poco espressa. L'unione che nasce dai sentimenti veri, dal cordone ombelicale con la terra, con la tradizione, che non conosceva le scarpinate sfiancanti nei centri commerciali di oggi - che tolgono il respiro e aggiungono, forse, più di un pensiero inespresso - era fatta da cose semplici. Genuine, spontanee. Un tempo il Natale rappresentava anche una sorta di tregua verso un destino avverso che avrebbe cambiato direzione con l'aiuto delle idee, dell'orgoglio, della speranza. Un tempo in cui si era poveri tutto l'anno, ma a Natale quasi per magia si diventava felici. Per carità, anche oggi in molti vivono un'esistenza fatta di sacrifici durissimi se non proprio di precarietà. Ma per sentire meglio il profumo del Natale e per avvertire quella particolare atmosfera che la festa più attesa dell'anno esprime, alcuni di noi hanno bisogno di ricordare le storie dei nonni, i racconti delle mamme davanti al tavolo imbiancato di farina perché si preparano i dolci natalizi. Oggi la sensibilità delle parole e l'incanto della poesia della Natività l'ammazziamo con la corsa nei negozi per i regali dell'ultimo minuto. È peccato farli? No. Mettere mano al portafogli muove l'economia, ma dovrebbe, e così sarà, muovere anche il senso dell'oculatezza in un tempo in cui la crisi, oltre ad impoverire i cittadini, i lavoratori, i pensionati, i disoccupati, colpisce anche allo stomaco di tutti. Un tempo i nostri nonni facevano la fame, oggi abbiamo fame di serietà, di sobrietà, di fatti. Abbiamo bisogno di recuperare valori veri, non effimeri. E così quel fermo immagine resta nella nostra mente, è il regalo più bello di un altro Natale, forse diverso. Il profumo dei ricordi per stendere il sorriso che tutti meritiamo.