Magazine Società

Se l’italia non va in Cina… Storie di provincia in salsa di soia

Creato il 15 novembre 2013 da Pietro Acquistapace

Mafia spaghetti with seafood and tomato sauce

Ci sono romanzi che dicono più di tante opere di saggistica fatte al momento, realizzate in fretta e furia giusto per seguire un’onda che si alza nel panorama dell’informazione, vale a dire i cosiddetti instant book. Uno di questi romanzi rivelatori è La ballata di Mila, prima opera narrativa di Matteo Strukul, che affronta il tema della penetrazione della criminalità organizzata cinese in Veneto, nel (fu) ricco nord-est italiano. Lo stile di Strukul deve molto al suo mentore, Massimo Carlotto, mostrando ancora una volta come la letteratura possa aprire porte sulla realtà che ci circonda, sviscerandone anche i lati più torbidi.

Come detto, in quest’ora c’è lo zampino di Carlotto, forse uno dei più grandi scrittori italiani viventi, e lo si percepisce. La figura della protagonista, avvenente killer in cerca di vendetta, non è particolarmente originale, troppo stereotipata sulla Uma Thurman di Kill Bill, ma quello che interessa davvero è il contesto in cui la vicenda si svolge, ossia un Veneto dove la mafia cinese, la Triade, prende sempre più possesso del territorio, venendo a scontrarsi con la vecchia malavita locale, in un vero e proprio duello tra diverse mentalità criminali, espressioni di due visioni del mondo, e della vita, differenti.

Le pagine in cui Guo, il padrino dagli occhi a mandorla, spiega le regole di condotta della Triade, sono illuminanti. Mentre i criminali italiani sembrano assetati solo di denaro e potere, alla ricerca di una continua esibizione di sé, quelli cinesi agiscono in nome di un ideale più alto, pronti a dare la vita sapendo di essere parte di un tutto che continuerà anche dopo la loro morte, un confucianesimo mafioso che ricorda in parte la Mafia di casa nostra, o forse la Mafia che non c’è più; sarebbe interessante in merito affrontare lo studio della diversa penetrazione della Triade nel nord e nel sud d’Italia. Guo e Pagnan, il capobanda veneto, sono figure parallele con differenze abissali.

Guo sostiene che gli italiani non conoscono la loro storia, non potendo così diventare parte di qualcosa più grande di loro, che li trascenda. I cinesi sanno sempre chi sono e cosa vogliono, e per questi motivi appaiono a volte inesorabili e destinati a dominare ovunque. Nel libro di Strukul proprio questa diverso atteggiamento, da parte delle due gang, risulta di estrema attualità, soprattutto riguardo la conoscenza dell’altro da sé. L’Italia si è accorta molto tardi dell’esistenza della Cina, della sua potenza economica e delle possibilità di fare affari con quel paese. E quando ha aperto gli occhi l’italiano ha mantenuto un certo atteggiamento di superiorità, che alla lunga non può che risultare autodistruttivo.

Oggi le aziende italiane sono sbarcate a Pechino e Shanghai con un ritardo incredibile rispetto ai competitor stranieri, ma i mezzi di informazione di casa nostra presentano i fatti in maniera ben diversa, celebrando una vittoria di Pirro dei marchi italiani, il cui valore sarebbe stato finalmente riconosciuto dal mercato cinese. Ormai il commercio italiano vive sul buon nome costruito nel passato e, senza innovare, ritiene scontato che il resto del mondo non possa che arrivare, prima o poi, a scegliere gli insuperabili prodotti italici. Il risultato è un isolamento italiano in un’economia a scala sempre più globale.

Certo l’isolamento potrebbe essere un argine alla penetrazione commerciale altrui, ma se le condizioni di vita della popolazione peggiorano allora la ricerca di prodotti a basso costo e valuta forte diventa vitale, e si finisce comunque per essere di fatto colonizzati, tanto vale allora trovare un accordo con chi risulta essere economicamente più forte; oppure scegliere una chiusura vera nei confronti di tutto quello che proviene dall’esterno. Autarchia o integrazione, tertium non datur.

In La ballata di Mila i criminali sono tutti sconfitti, e la stessa Mila diventa membro di un’organizzazione paralegale a difesa della libera impresa europea. Un finale che fa riflettere, chi è Mila? Forse il simbolo di un’Europa che deve rimboccarsi le maniche sia contro i localismi anacronistici che contro un Oriente che avanza inesorabile?

Fonte immagine Flickr


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :