La Leosini è una signora elegante, dai modi affettati, con un italiano pulito e sempre alla ricerca di termini incolori per descrivere le pratiche più turpi. È una presenza rassicurante con la sua cotonatura, fuori dal tempo televisivo schiavo di tempi sincopati e montaggio videoclipparo.
La puntata di storie maledette è per raccontare e intervistare Rudi Guede, l’uomo condannato per il famigerato omicidio della inglese Meredith dopo tre gradi di giudizio. Nel processo, come chi legge ben saprà, furono coinvolti anche la bella americana Amanda Knox e l’allampanato pugliese Raffaele Sollecito. La sentenza di secondo grado e la cassazione chiusero a doppia mandata le responsabilità della giovane coppia con una assoluzione che fece discutere (ma in Italia, per la verità, si discute per ogni sentenza). Di questo aspetto la tenera Franca Leosini pare non curarsene troppo, la puntata infatti è incentrata su Guede, sulla sua storia, sulla sua umanità, sulla sua difesa. In tutto questo aleggia la tesi del povero ragazzo condannato in quanto nero, una narrazione perfetta per il pubblico targhettizzato di rai tre.
Andrebbe ribadito che Rudi Guede non è però un Kunta Kinte colto da scariche di dissenteria, ma un assassino che è scappato dall’Italia a misfatto compiuto. Capisco che cercare i tratti gentili, umani e rassicuranti nel mostro sia una operazione narrativamente molto seducente, ma è anche estremamente pericoloso se non sei Dostoevskij o Truman Capote ma solo Franca Leosini.
La Leosini fece una intervista molto simile al famigerato mostro del circeo, fu affascinata e sedotta dalla sua storia e con lei il suo pubblico dei leosiners. l’opinione pubblica (assieme al giudice) fu colpita e Angelo Izzo ottenne la semilibertà nel 2004 grazie alla quale poté uccidere le povere Maria Carmela e Valentina Maiorano.
Ora pensate per un attimo se una intervista simile l’avesse fatta Barbara D’Urso.