Afferma Antonio Scurati, nel suo La letteratura dell'inesperienza, che in genere ciò che si legge (e che si scrive) e ciò che si vive vanno a braccetto. E che anzi - questo lo diceva Italo Calvino - solo dopo averle lette e scritte le cose si sono vissute davvero: tanto che solo quando Beppe Fenoglio scrive Una questione privata - il libro che un'intera generazione, Calvino incluso, avrebbe voluto scrivere - ecco, solo allora, la stagione della Resistenza si può dire vissuta sul serio e davvero compiuta.
Afferma Antonio Scurati che non è più così, che non dipende dai talenti, e nemmeno dalla capacità di raccontare, ma oggi letture (e scritture) ed esperienze di vita hanno smesso di andare a braccetto.
Problema enorme, questo, che forse si percepisce anche in tanto bello scrivere assolutamente autoreferenziale, in questa epoca di effetti speciali senza costrutto, di ombelichi spacciati per il centro del mondo.
Ma che cos'è che si è davvero dissolto? Da dove è cominciata la diserzione? Dalla letteratura o dalla stessa vita?
Già, a proposito: cosa è davvero la vita come esperienza?