Se leggere diviene un’esperienza: Una vera signora in libreria, di G. Ansaldo

Da Lepaginestrappate @paginestrappate

Oggi vi parlo di una cosa bella.

Una cosa che mi è molto cara, sia perché mi piace, è particolare, sia perché è stato un regalo. Un regalo per il mio compleanno pensato per me.

Mi è stato regalato un testo breve, dedicato ai libri. Una vera signora in libreria, di Giovanni Ansaldo. Una storia garbata e ironica su una coppia francese di mezza età. Appena maliziosa, divertente tra le righe.

 

Fa parte di una collana dal titolo graziosissimo: Piccolo Biblioteca Degli Oggetti Letterari.

E’ un testo che è stato scritto e pubblicato a inizio Novecento, dimenticato per molti anni e poi ritrovato, dalla minuscola casa editrice Henry Beyle. E stampato in qualche copia, numerata, curata. Con la carta spessa, cucita a mano.

I caratteri impressi a piombo, e quindi palpabili sfiorandoli con i polpastrelli.

Ecco, mi capita spesso di dire che “i libri si giudicano anche dalla copertina”. Che mi piacciono i bei libri, i libri come oggetti curati.

Che se si tratta solo di testo e una brutta edizione, allora preferisco nettamente il digitale: mi garantisce di non avere brutture circolanti per casa. Il nome della collana, Piccola Biblioteca Degli Oggetti Letterari, mi fa proprio pensare a questo: libri che parlano di libri, e libro come oggetti che anche nella loro forma esprimono amore per la letteratura.

Leggere un librino così è un’esperienza. Piuttosto fisica. Chi, come me, è affetto dal vizio dell’accumulo di libri, è circondato da vari volumi che non ha mai letto. Si comprano libri e a volte si mettono da parte, in attesa del momento propizio. Si sfogliano, spesso. Si legge qualche brano. Passano per mano, comodino, libreria.

In Una vera signora in libreria, invece, le pagine rilegate a mano fanno solo scorgere il testo racchiuso.

Bisogna impugnare un tagliacarte, e tagliare. Separarle.

Piano, una per una. Cosìcchè c’è un momento in cui si decide di dare piena attenzione al libro. Di non sfogliarlo e abbandonarlo, ma di aprirne la carta con gesti decisi ma delicati.

Per poi leggerne il testo (dolce e ironico) come assaporando una piccola conquista.

P.S.
Notare il tagliacarte gufico!

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Trovate il sito della Casa Editrice Henry Beyle QUI.