Luciano Bianciardi, per quanto mi riguarda, è più di uno scrittore amato - ovvio, se di tanto in tanto, e non solo per sfizio, ho perfino adoperato lo pseudonimo di Paolo Bianciardi. L'affetto che gli riservo è quello che potrei avere per un vecchio compagno di università con cui tante volte ho tirato tardi, tra birre e chiacchiere. Un compagno che se n'è andato via troppo presto, ma che in qualche modo è rimasto al mio fianco.
Pensare che Luciano l'ho conosciuto in ritardo e per vie traverse, come in realtà succede per molte delle migliori amicizie. Non su un suo libro, ma grazie a una splendida biografia, Vita agra di un anarchico, di Pino Corrias: la storia di una vita che sa farsi romanzo e di un mondo colto nel passaggio da un'epoca all'altra. Biografia ma anche poesia metropolitana con sottofondo musicale da scegliere a piacimento tra il jazz di Charlie Parker e le canzoni di Enzo Iannacci.
Da qualche tempo è uscita una nuova edizione del libro di Corrias, con queste righe in introduzione:
Il mio viaggio cominciò per caso a Milano, da un nome che condusse a un libro su una bancarella e poi a uno spiraglio. Lo spiraglio rivelò un mondo. Il mondo di Luciano Bianciardi che si era dissolto tra libri introvabili, amici dispersi, racconti mai narrati. E da quel mondo riemerse la sua avventura che ne intrecciava tante altre....
Un titolo, un volto, una corrispondenza dell'anima.... a volte comincia così e dura una vita: è il bello dei libri, di alcuni libri.
E ancora mi rimane il sapore di quella vita agra, ancora accompagno Luciano Bianciardi, lo scrittore di provincia, anzi della Maremma Far West di Italia, che sbarcò giovane e anarchico nella Milano che stava diventando Milano.
Ancora mi emoziona la sua storia di genio e spreco, di libertà e malinconia, di lucidità e nebbia alcolica, solitudine rumorosa che fa bene tenersi vicino al cuore.