Ora, dovete sapere che io nutro una sorta di venerazione per la birra. Sì, anche per il vino, ma per un vino che sia bevibile ci vogliono dai 40 euro in su, mentre due bicchieri di ottima birra, tanti quanti me ne servono per mandarmi al tappeto, bastano una dozzina di euro.
E poi, la birra. Che mistero.
Il vino è mistico, spirituale, eucaristico, poetico (danzava una sera tra le bottiglie lo spirito del vino diceva forse Verlaine, forse Baudelaire, due che il vino non se lo facevano mancare mai). Il vino è divino, appunto, e prende parte alle cerimonie liturgiche con nonchalance e superiorità. Che spirito miracolistico.
Ma la birra. La birra, è umana (Birra! sei umano, Charlie! Scent of Woman). Un boccale di birra è un viaggio all’interno di se stessi, della propria intimità, del dolore. Il vino non soffre, è distante, etereo, empireo. La birra ci è vicina, materna, protettiva.
Credo che molti ricordino un libro che fece un successone, tanto da consegnare l’autore alla notorietà.
E’ La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita, di Philippe Delerm.
E’ l’unica che conta. le altre, sempre più lunghe, sempre più insignificanti, danno solo un appesantimento tiepido, un’abbondanza sprecata. L’ultima, forse, riacquista, con la delusione di finiore, una parvenza di potere…
Ma la prima sorsata!
Comincia ben prima di averla inghiottita. Già sulle labbra un oro spumeggiante, frescura amplificata dalla schiuma, poi lentamente sul palato beatitudine velata di amarezza.
Come sembra lunga la prima sorsata. La beviamo subito, con un’avidità falsamente istintiva. Di fatto, tutto sta scritto: la la quantità, nè troppa nè troppo poca che è l’avvio ideale; il benessere immediato sottolineato da un sospiro, uno schioccar della lingua, o un silenzio altrettanto eloquente; la sensazione ingannevole di un piacere che sboccia all’infinito…Intanto, già lo sappiamo. Abbiamo preso il meglio. Riappoggiamo il bicchiere, lo allontaniamo un po’ sul sottobicchiere di materiale assorbente. Assaporiamo il colore, finto miele, sole freddo.
Con tutto un rituale di circospezione e di attesa vorremmo dominare il miracolo appena avvenuto e già svanito. Leggiamo soddisfatti sulla parete di vetro il nome esatto della birra che avevamo chiesto. Ma contenente e contenuto possono interrogarsi, rispondersi tra loro, nienete si riprodurrà più. Ci piacerebbe conservare il segreto dell’oro puro e racchiuderlo in formule. Invece davanti al tavolino bianco chiazzato di sole, l’alchimista geloso salva solo le apparenze e beve sempre più birra con sempre meno gioia.
E’ un piacere amaro: si beve per dimenticare la prima sorsata.
Quindi se sarete ad Orticola, fermatevi alla “Pergola del luppolo” per una birra. Bevetene una anche per me che non posso venire.
AssoBirra poi vi darà tutti quei tric trac che danno le associazioni, ricettari, depilantes esplicativi. Teneteli se volete, se no gettateli, ma conservate l’indirizzario dove acquistare la birra biologica.
Io concludo dicendo che per me non poter venire è un amaro calice, e vi incollo alcune informazioni interessanti ricevute con il comunicato stampa su come usare gli avanzi di birra in giradino.
Sempre che qualcuno sia così pazzo da lasciar avanzare la birra…
… ma che fare con gli avanzi di bevanda rimasti sul fondo della bottiglia o del bicchiere? Potrebbero essere riutilizzati con successo in giardino o sul terrazzo.
Per esempio, offrire un “sorso di birra” di tanto in tanto farà crescere i gerani più rigogliosi e forti, mentre tamponando le foglie delle piante con un batuffolo di ovatta imbevuta di birra ridarà loro lucentezza. Anche presi singolarmente gli ingredienti di una chiara possono aiutare l’appassionato di giardinaggio: l’aggiunta di lievito di birra all’acqua per annaffiare (in una proporzione di 3 cucchiai per 10 litri di acqua) aiuterà la formazione di nuovi boccioli sulle rose.
E perché non fabbricare in casa un fertilizzante naturale alla birra? Basta mescolare l’equivalente di una lattina di birra con una tazza di ammoniaca, una tazza di sale inglese e due tazze di acqua per ottenere un concime naturale che, spruzzato sulle piante, le farà crescere più forti e vigorose.
Per i più appassionati di giardino la sfida è rimpiazzare edera e glicine con un rampicante alternativo: il luppolo! Una sola avvertenza: il luppolo raggiunge gli 8 metri d’altezza ed è la pianta che in assoluto cresce più in fretta sulla terra, fino a 10 centimetri al giorno…
Una breve, obbligatoria, chiosa al consiglio giardinicolo: in molti amano il luppolo come rampicante, specie nella sua variante a foglie dorate (Humulus lupulus ‘Aureum’). E’ vero che è resistente e veloce, stolonifero e quasi inavasivo, ma non è sempreverde, e ne tenga debito conto chi ha bisogno di una copertura anche nei mesi invernali. Personalmente lo accosterei a rose rampicanti e clematis. Il luppolo dà un’aria molto cottagesca al giardino e in climi mediterranei andrebbe cresciuto a pergola, come la vite da uva. Inoltre le sue infiorescenze coniche sono commestibili e hanno un ottimo sapore di asparagi, a quanto ne dice Vita Sackville-West.
Luppolo e Clematis Warsaw Nike
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