Uno dei giocatori più forte di tutti i tempi, Alfredo Di Stefano, si è spento ieri a Madrid, all’età di 88 anni. Solo due giorni fa era stato colpito da un attacco cardiaco. Il mondo del calcio, con questa morte, perde il primo grande campione della sua storia. Senza marketing, televisione e pubblicità il campione argentino, infatti, soprannominato “la Saeta Rubia” (la saetta bionda), è diventato un mito del calcio che ha travalicato i confini della Spagna dove ha giocato con il Real Madrid dal 1953 al 1964 realizzando 216 reti vincendo due palloni d’oro, 8 campionati e 5 Coppe dei Campioni.
Alfredo Di Stefano, durante un Real Madrid – Machester United (theguardian.com)
Di Stefano, nell’olimpo del calcio. Il suo nome è brillato in ogni angolo del pianeta, come quelli di Pelé e Maradona con cui si gioca il titolo di miglior giocatore nella storia del calcio. “Di Stefano è stato il primo giocatore cinematografico che il calcio ha avuto. Prima di lui il pallone era fotografico. Era un rivoluzionario del pallone”, dichiara l’argentino Jorge Valdano ricordando come sia stato un anticipatore del calcio universale di oggi.
La carriera di Alfredo Di Stefano. Il debutto di Di Stefano, nato a Buenos Aires il 4 luglio 1926, è con la maglia del River Plate nel 1945. Nella stagione successiva passa all’Huracan per poi trasferirsi ai Millonarios in Colombia. E’ un’amichevole giocata nel 19252 contro il Real Madrid, però, che permette all’attaccante di fare il salto di qualità. A colpire i dirigenti del Real il gioco a tutto campo della “saeta rubia”. Quando passa nel 1953 ai “blancos” il Real è a secco di vittorie in Liga da 21 anni. Con Di Stefano il Madrid prende il volo. Il grande rimpianto di Di Stefano restano i Mondiali, con l’Albiceleste gioca 6 partite segnando altrettante reti ma senza giocare la Coppa; dal ’57 al ’61 veste come oriundo la maglia della Spagna con cui colleziona 31 presenze e 28 gol ma senza giocare mai un match ai Mondiali. Il grande rimpianto è la Coppa del mondo del 1962 in Cile: “Certo che facevo parte dei 22 ma non ho giocato per una lesione alla colonna vertebrale”, ricordava Di Stefano. L’addio nel 1964 al Real è un anticipo dell’addio al calcio, nonostante altre due incolori stagioni all’Espanyol. Con i ‘blancos’ in totale Di Stefano vince 18 titoli. “La gente discute se il migliore sia stato Pelé o Maradona, per me è Di Stefano, il più completo. Maradona non faceva gol di testa, l’unico importante in realtà è stato realizzato di mano”, spiega lo stesso Pelé.
Il personaggio fuori dal campo, Di Stefano. Di Stefano era un leader in campo come davanti ai microfoni, le sue esternazioni non passavano mai inosservate: “Segnare è come fare l’amore, tutti il mondo sa come si fa ma nessuno lo fa come il sottoscritto”, era una delle massime dell’argentino. Nonostante passi oltre metà della vita in Spagna il campione tiene sempre un legame con il suo Paese non perdendo la cadenza argentina. Figura discreta, Di Stefano nelle vesti di presidente onorario del club non diserta mai le presentazioni dei tanti campioni che sono passati al Real.
I problemi di salute. I problemi al cuore del vecchio campione cominciano nel dicembre 2005 quando viene colpito da infarto, ad aprile dello scorso anno viene ricoverato per aritmia. L’attacco cardiaco di sabato è storia recente, un malore avvenuto per strada a Madrid, a 500 metri dallo stadio Santiago Bernabeu dove il nome di Di Stefano è diventato leggenda.
Il Real Madrid esprime il suo cordoglio per la morte del suo presidente onorario. “Il presidente Florentino Perez e tutto il club desiderano esprimere le più sentite condoglianze e tutto il loro amore e affetto ai suoi figli, alla sua famiglia e ai suoi amici -scrive il club campione d’Europa in una nota-. Il Real Madrid estende le condoglianze a tutti i madridisti di tutto del mondo e a quelli che si sentono commossi per la perdita del miglior giocatore di tutti i tempi.