“Lei venga pure a lavorare, poi…..” E non concludo la frase. Immaginate voi come può finire. E così mi ritrovo a dover parlare a una classe delle medie che si aspetta di fare arte. Sono appassionata di arte, ma non mi sentirei mai di insegnarla. Meglio con le scienze, sono più a mio agio.
Però con quale diritto entro in quell’aula proclamando che faremo espressioni al posto di arte? Provo a coniugare le due cose: penso che un bel tema potrebbe essere il fascino dei colori e la loro origine.
Sì, perché un tempo non c’erano le cartolerie e i pittori creavano i colori a partire da sostanze naturali. Perché non presentare ai ragazzi il legame che c’è tra chimica, geologia e arte?
Esordisco con un giro di colori: “qual è il tuo colore preferito?” E inizia una gara tra chi menziona il più bello. E poi propngo di disegnarlo, di immaginare l’oggetto che meglio rappresenta il blu, il rosso, il giallo.
C’è chi inventa miti e li disegna, c’è chi non sa cosa fare e c’è chi trova interessanti collegamenti. Il fascino più grande lo esercita lo spazio.
E ora come fare a evitare che parlino e si insultino, mentre usano i pennelli? Bene, alzo la voce, cerco di impormi. Mica facile quando entri in classe con il sorriso sulle labbra: meglio la faccia da Hitler. Allora estraggo il computer dalla mia borsa, apro una serie di immagini e comincio a narrare, girando per la classe con il computer per catturare l’attenzione di tutti.
Il b
Per questo motivo, i pittori talvolta usavano l’azzurrite, un blu meno caro ma non a buon mercato. Il blu era ricavato dal minerale azzurrite, un carbonato basico di rame estratto in Europa. Come si vede dall’immagine, i due pigmenti hanno un aspetto molto simile: per distinguerli occorre scaldare un frammento del minerale finché non diventava incandescente. Una volta raffreddati, l’azzurrite diventa nera e il lapislazzuli no. L’azzurrite produce una tonalità di celeste pallido con una punta di verde, adatta per i cieli. Per una tonalità più scura bisogna macinarla in modo più grossolano e mescolarla in modo vigoroso con colla animale.
Un altra tinta di blu è l’indaco. Nella mia mente l’indaco era una cosa preziosa. E invece un manoscritto del XII secolo dice che deriva da marmo bianco macinato, «messo in letame molto caldo per un giorno e una notte» e mescolato con la schiuma di un calderone «in cui si tingono i panni di colore indaco».
Gli antichi Fenici, avevano compreso che dai molluschi del genere Murex, essiccati al sole e poi bolliti con l’orina, è possibile produrre il prezioso colorante porpora. Narra il mito che sia stato un cane a scoprirlo, dopo aver morso una conchiglia sporcandosi il muso.
La lacca cremisi, estratta dalla cocciniglia, era anch’essa molto costosa perché serviva una quantità enorme di insetti.
L’oro era in assoluto il colorante più prezioso perché costituito da vere e proprie foglie di oro.
Le piante però restano la principale fonte per il colore verde: il verde “linfa” proviene dal succo delle bacche
Una carrellata di immagini e di colori, un’intrecciarsi di storie per far capire ai ragazzi che anche dietro una cosa astratta come un disegno, c’è un po’ di scienza.
Credits: From Wikipedia
Grazie al sito cultorweb, da cui ho tratto alcune di queste informazioni: http://www.cultorweb.com/medioevo/C1.html