Il 13 febbraio scorso un milione di donne (e uomini) hanno riempito le piazze italiane nella manifestazione “Se non ora Quando?” per protestare contro l’arretramento della condizione delle donne in Italia, la denigrazione della loro immagine proposta ossessivamente dai media come un oggetto sessuale, e l’uso strumentale dei loro corpi da parte del potere. La partecipazione altissima faceva sperare nel risveglio collettivo delle coscienze operata soprattutto dalle donne italiane. Eppure lavata l’onta dell’offesa alla donna italiana, l’indignazione, la rabbia, la partecipazione popolare ha avuto una battuta di arresto. Le coscienze delle donne (e degli uomini) sono tornate silenti, addormentate, ignave?
Sono trascorsi due mesi e in un altro giorno 13, quello di aprile, il processo breve è stato approvato con un colpo mortale alla democrazia italiana; che la legge sia fatta per proteggere Berlusconi dai suoi processi lo dicono ormai senza alcun pudore i parlamentari del pdl che non si curano più di presentare quella legge iniqua per una riforma della giustizia: l’abnorme è diventato norma. L’approvazione della legge sarebbe una legittima difesa per “gli attacchi” della magistratura, ovvero i legittimi processi, a Berlusconi. Così senza ritegno è ammesso lo scardinamento di uno dei principi fondanti di tutte le democrazie: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Dal 13 aprile è lecito che un singolo in virtù di una posizione di potere, pieghi un interno sistema giudiziario a suo uso e consumo e chissenefrega se andranno al macero migliaia di processi, se migliaia di italiani e italiane non otterranno giustizia, comprese le vittime di stalking, molestie sessuali, stupro, mutilazioni genitali. Gli incensurati potranno avvantaggiarsi della prescrizione breve, e le statistiche ci dicono molto bene quanto degli odiosi reati sessuali siano responsabili soprattutto uomini cosiddetti per bene. Così come manager e imprenditori incensurati sono responsabili, per esempio, di stragi dolose o colpose nel lavoro o nell’edilizia.
In nome del riconoscimento di quelle responsabilità davanti al Parlamento il 13 aprile, alcune donne ricordando le vittime di Viareggio, del terremoto de l’Aquila, e di altri delitti che hanno provocato decine di morti, hanno gridato il loro sdegno, la loro rabbia, chiedendo giustizia per quelle morti, per quei corpi straziati.
Ma erano poche, troppo poche per la gravità e l’oltraggio della democrazia e al diritto alla giustizia. Quelle donne sono state lasciate sole. Dove erano tutte le altre, quelle del 13 febbraio che hanno denunciato (e a ragione) l’ umiliazione della loro dignità per essere ridotte nell’immaginario collettivo, alla dimensione sessuale. Eppure se le piazze sono state riempite il 13 febbraio scorso la molla è stata proprio una questione legata alla sessualità. Gli scandali del premier e i suoi affari con numerose prostitute, di cui almeno due minorenni, e le ex amanti a cui sono stati concessi incarichi politici: ma è solo sul corpo che a noi donne interessa rivendicare la libertà e il rispetto della dignità? Pare sia così.
Del resto la catatonia del Paese rispetto alla gravissima violazione del principio di uguaglianza rischia di diventare carta bianca per il clan di Berlusconi e dei suoi parlamentari, per fondare una sorta di principato a tutto servizio del princeps: ma per le italiane e gli italiani, è accettabile ogni arbitrio purché si astenga dalla pratica dello ius primae noctis? La dignità della donna è stata difesa dalle italiane e dagli italiani il 13 febbraio scorso, quando si è risposto agli insulti del premier, e la faccia è stata salvata davanti all’Europa, se poi dal 13 aprile siamo tutti suoi sudditi, ha ben poca importanza: siamo sudditi ma con un certo decoro!