Tre donne cinesi sono morte annegate in un sottopassaggio dove erano rimaste imprigionate a causa del maltempo la notte del 5 ottobre.Il sottopassaggio in cui hanno perso la vita è stato inondato da cinque metri d’acqua e fango perchè il vicino torrente ha tracimato. Il sindaco non ha proclamamto il lutto cittadino, sollecitato dalla comunità cinese come testimonianza di solidarietà e integrazione della città. Aspre le critiche che hanno seguito questa decisione.
” Per quanto riguarda il lutto cittadino, non ci sono regole precise, in città, in epoca recente non ci sono precedenti di lutto pubblico per incidenti o disgrazie, anche se ci sono vicende che colpiscono profondamente, a Prato non è stato fatto lutto cittadino nè per l’assassinio di un uomo davanti all’ospedale l’anno scorso, nè per la morte di due giovani in un incidente stradale un paio d’anni fa, e credo neanche nel 1996 quando tre pratesi perirono in un aereo di linea inabissatosi davanti a New York 5 minuti dopo il decollo con 650 passeggeri a bordo. Una scelta complessa e per la quale serve molto equilibrio. La questione cinese è delicata e scegliere in un modo o in un altro avrebbe comportato polemiche. Abbiamo messo le bandiere a mezz’asta alle finestre del Municipio e rispettato un minuto di silenzio, credevo di aver dimostrato la sensibilità al dolore, ho telefonato ai familiari delle vittime, per esprimere la vicinanza e il cordoglio di Prato, ed ho scritto al console e all’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia per esprimere il dolore della città”.
Quello di Prato è sicuramente uno di quei casi in cui lo Stato italiano ha dimostrato la propria scarsa forza nel fare i controlli, a qualsiasi livello: locale, nazionale, sono stati condotti pochi controlli nei porti, nei negozi cinesi, e sui soldi guadagnati dai cinesi spesso in modo illegale. E’ come se lo Stato avesse girato la testa dall’altra parte e avesse deciso di non guardare quello che stava succedendo. Uno Stato che ora deve prendere atto del fenomeno largamente diffuso e trovare soluzioni di adattabilità reciproca.
D’altra parte l’estrema convenienza dell’aspetto economico, “giustifica” il fuori legge, un’intera filiera produttiva di abiti a basso costo con un’economia parallela che si è trasformata in un modello di strategia che lavora e cresce a ritmi inimmaginabili per l’economia italiana. Tutto grazie soprattutto al fatto di poter contare su manodopera clandestina e al mancato rispetto delle norme che regolano l’attività d’impresa. Un polo produttivo che non conosce programmazione né marketing, e che si mantiene “parallelo” al distretto tradizionale pur operando nella stessa filiera e che ormai ha raggiunto numeri da capogiro, è la fabbrica più portentosa di moda “Made in Italy” fatta dai cinesi. “Non ci sono più soldi ed è quello che il mercato chiede” afferma un ambulante di Prato. A questo punto non resta che far diventare colui che sembra un nemico, ovvero il distretto economico cinese delle confezioni, ricco, in crescita e spesso fuori dalla legalità, un alleato dell’altro distretto, quello storico del tessile pratese, alle prese da tempo con una crisi spaventosa di cui non si vede la fine.
Una rea
Sperando che il futuro cancelli l’illegalità e offra un esempio di terza generazione in qualità di potenziali ambasciatori del made in Italy nel mondo, finisco questo resoconto della puntata con le parole del sindaco della città di Prato: ” A partire dalla scuola primaria, l’integrazione è l’orgoglio della nostra città”!