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Ma l'indagine si spinge oltre, raccontando che addirittura il diciannove per cento degli studenti delle superiori, quindi i diretti interessati a ricevere il trattamento, si dichiara favorevole. Pare che gli intervistati, chiedano le botte per se stessi, e qui il dubbio è lecito, perchè nessuno studente oggi (forse) è cosi scemo da proporre di essere bastonato. Mi pare quasi di sentirli, di fronte alla prospettiva delle bacchettate sulle mani, rimpallarsi la colpa. In quel caso l'insegnante cosa fa divide equamente le botte come farebbe nella distribuzione di una torta di compleanno, o ne punirebbe uno per educarne cento, secondo la formula tristemente consolidata? Le punizioni divise per tipologie, da somministrare a seconda della gravità del comportamento andrebbero previste nel Pof o nel Regolamento d'Istituto? Per stabilire questi criteri si convoca una commissione che preveda e valuti la qualità degli strumenti? E in caso di utilizzo di strumenti atti allo scopo, saranno le famiglie a occuparsi dell'acquisto o concorreranno alle spese? Si aprirà un nuovo capitolo in bilancio? Propongo di definirlo "Acquisto strumenti per la disciplina".
In altri tempi (notoriamente tristi) era di solito un alunno molto solerte (detto dai compagni il lecchino) ad occuparsi della preparazione della bacchetta e qualche volta finiva anche con l'essere il primo a provarne la funzionalità. Chi ha la mia età la scuola della punizione corporale l'ha conosciuta, davvero ne ha conosciuto l'aspetto umiliante e profondamente disumano, una cosa odiosa e barbara. Per carità anche le parole a volte possono umiliare. Ma la fine delle botte a scuola sono state una faticosa conquista, anche per il Regno Unito aggiungo, passata sulla pelle dei tanti alunni che le hanno subite, e sottolineo spesso ingiustamente.
Ed è il classico il problema dei genitori, non tutti, (ribadisco non tutti) che ancora una volta propongono alla scuola di intervenire laddove la famiglia è incapace di farlo. Le cose sono due o si ritorna a valutare seriamente se si è in grado di tirare su un figlio e si possiede la forza e la costanza per insegnargli come ci si comporta o i figli si lasciano ragionevolmente dove sono. I bambini così tanto carini, così belli da esibire, cosa che vale anche per la cara vecchia Inghilterra, diventano ragazzi e poi adulti, ed è occupandosi di loro fin da quando sono piccoli, badando un po' meno all'apparenza e un po' più alla sostanza, parcheggiandoli il necessario, standoci a sufficiente contatto, che si fa di quei bambini persone normali. La normalità dei comportamenti dei figli non la si acquista al mercato, non la si ottiene coercitivamente con le botte. E' frutto di un lavoro paziente e sapiente, di amore, di forza anche dura, di sì e di no soppesati e attentamente valutati, che inizia dal primo giorno di vita del bambino.
Crescere un figlio, che poi diventa anche alunno, poi studente e infine adulto, è fatica, impegno. La scuola non può raddrizzare un tronco lasciato crescere parallelamente al suolo, cui nessuno ha mai spiegato che per andare dritti e verso l'alto occorre opporsi alla forza del vento, il che richiede volontà e capacità di scelta. Ecco alla scuola non compete insegnare questo, si possono dare suggerimenti, ma il lavoro va fatto a casa, molto prima. Quindi davvero, senza voler mancare di rispetto a nessuno, se siete favorevoli alle botte, dategliele a casa vostra. © Crescere Creativamente consulta i Credits o contatta l'autrice.
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