Se va in scena il Brasile

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

I taxi sono arancioni, gli autobus verde pappagallo. Le cabine del telefono ricordano gli animali esotici del film “Rio”; le cassette delle lettere spiccano per il loro colore giallo acceso.
Insomma i colori sono gli stessi.
Ho lasciato due giorni fa il cubo di Rubik stilizzato che faceva da scenografia a “Tutto Matto” e, partito per il Brasile, ecco che mi ritrovo su una identica tavolozza a tinte vivacissime.

Perché uno degli aspetti più straordinari del Sudamerica è questa esplosione di rossi, di azzurri, di verdi e di altre tonalità pastello che ti fanno sentire perennemente dentro una commedia musicale anche quando, come accade nei quartieri più poveri, non ci sarebbe nessun motivo di ridere.

Messe una accanto all’altra, le immagini di Curitiba che ho scattato ieri e la vista dall’alto del palco durante le prove pomeridiane si assomigliano molto più di quanto verrebbe da immaginare.

Ho iniziato sabato un piccolo tour che, dopo il Sud del paese, mi porterà nei prossimi giorni prima a São Paolo e poi a Rio de Janeiro. Ma, proprio grazie a questi meravigliosi paesaggi urbani in technicolor, alla musica che arriva da ogni angolo, allo zucchero che si sparge nell’aria salendo dalle bancarelle in cui si vende il Caldo de Cana, grazie al calore del sole che, nonostante qui in realtà sia inverno, scalda più dei riflettori da mille watt, mi sembra ancora di essere dentro il mio spettacolo.

Il Brasile e il Sudamerica sono infatti un grande show, insieme allegro e struggente come un buon testo teatrale deve saper essere. Ti strappa una risata di gioia pura e un attimo dopo ti pugnala al cuore con un’affilata scena di tagliente povertà. Ti commuove con immagini di sofferenze che ormai credevi non fossero più possibili e poi spazza via le lacrime rovesciandoti addosso il ritmo suadente di un’orchestrina che, sopra il marciapiede, proprio come in un musical, sottolinea il momento difficile suonando una travolgente bossanova.