Sebben che siamo donne, votiamo Finocchiaro

Creato il 31 dicembre 2012 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Permettetemi un digressione privata: allora io ho avuto una cognata che mi ha sempre molto disapprovata e vorrei anche vedere…. Cresciuta nell’apparato del Pci, di buon grado si era poi pacificamente acconciata a un personale revisionismo, fino alla festosa abiura della sinistra in grazia di Pd. Ma dentro le è sempre rimasto un bastone di rigidità intollerante e benpensante, come quelle aste che tenevano dritte le bambole.

C’è una tipologia di creature affini alla mia ex cognata, assolutamente pluralista ecumenica e bipartisan: sono “presidi” nell’anima, inguaribilmente bacchettone, didattiche fino all’autoritarismo, hanno borsette rigide quanto le loro convinzioni, organizzate come archivi, che tengono infilate sul braccio anche in casa: si sa c’è l’agenda, non possono farne a meno, i cellulari, qualche bigliettino pronto a trasformarsi al bisogno in pizzino, per impartire direttive a giovani volonterosi che illuminano con la loro esperienza. La tinta è aborrita, come una infame debolezza, la testina grigia e volitiva è un simbolo di rifiuto delle mollezze e della seduttività: preferiscono una austera e virile severità che addolciscono con una giacca maschile, ma alla quale un colore pastello o una spilla borbonica danno un tocco di femminilità, peraltro rigorosa. Lo stesso rigore inflessibile con il quale difendono le loro postazioni, le loro convinzioni anche quando sono flessibili, i loro errori, mai riconosciuti o ammessi, perché anche l’autocritica è una fiacchezza criticabile. Quelle qualità che le donne a volte incautamente attribuiscono al “genere”, sensibilità, attenzione indirizzata alla tutela dei deboli, dolcezza, che in fondo la rivendicava anche il Che come virtù rivoluzionaria, ascolto e indole alla garanzia di inclinazioni e differenze, ma al tempo stesso quella particolare integrità che deriva dalla poca frequentazione con palazzi e poteri capaci di addomesticare anche i più irreprensibili, nel loro caso funzionano ad intermittenza.

Ce ne sono in tutte le varie formazioni che continuano a accreditarsi, screditate, in questa confusa fase elettorale. E potete star certi che la loro proterva sicurezza di sé e della loro indispensabilità sarà premiata: ne abbiamo già un esempio con l’affermazione della presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro, indeflettibile, irriducibile e irremovibile sostenitrice delle riforme del governo Monti, quelle che penalizzano due volte le donne, in quanto lavoratrici, disoccupate, supplenti dello stato sociale, quelle che hanno fatto del sacrificio e della penalizzazione di diritti e garanzie un sistema di governo oltre che un edificio ideologico di principi infami e disuguali, ma invece – si dice, pare accertato, si sa, ma se ne parla poco – indulgente, accondiscendente con le istanze forse non del tutto legittime dei suoi famigliari.
Perché evidentemente anche l’essere donna per loro è un esercizio “alternato” come le lucette dell’albero di Natale. Forti coi deboli e deboli coi forti e soprattutto intransigenti con gli altri, altri mariti, altre mogli, altre madri, e comprensive coi “loro”.
Continuano, non sorprendentemente, a mietere successi e a ottenere conferme. Le sostiene un apparato nel quale stanno come in una culla protettiva, al quale si sono adattate come un format di convinzioni e ruoli che procurano intoccabili privilegi e rendite di posizione.

Sbaglia chi pensa nel ticket di aver compiuto il dovere “rosa” di “riconoscere” una donna. L’uso di potere produce mutazioni di età e di genere: si sentono giovani i quarantenni e dà forma a creature asessuate che rifiutano inclinazioni e passioni come fossero ingombranti ostacoli all’affermazione dell’unico sentimento concesso: l’ambizione, femminile per il vocabolaria, ma anche quelle intersessuale e interpartitica.


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