Dalla seconda classe di allora è cambiato poco o niente, nemmeno gli interni dei treni regionali con quella specie di trama tinte grigie che ancora oggi adorna le pareti dei convogli. Forse è per questo che ancora oggi, potendo scegliere, prendo il regionale, rigorosamente in seconda classe. A prima vista può apparire come una scelta masochistica dettata da una ragione piuttosto malandata, ma con gli anni la mia curiosità non ha cessato, così come la mia voglia d’immergermi fino in fondo, e la seconda classe di un regionale secondo me è il posto migliore per soddisfarla, per incrociare l’umanità più eterogenea che compone questo stivale.
Sopra ci trovi di tutto, dagli anziani nonni agli studenti, dall’immigrato che tenta la sorte del viaggio, magari senza un biglietto perché i soldi non ce li ha, al professore universitario, dal turista giapponese a quello inglese, tedesco, francese, passando per quello della sinistra d’oggi, duro e puro che la seconda classe sempre, quasi fosse una scelta che riporta alla bocca quel sapor proletario che lui giovane non ha mai provato. Ci trovi quello che smanetta col pc e quello che sta in silenzio e fissa fuori del finistrino per tutto il viaggio, senza mai batter ciglio, quasi fosse una bambola di porcellana posata sulla poltrona con lo sguardo girato alla finestra. Ci trovi le famiglie, padre madre e 3 figli che non stanno fermi un secondo, che per loro il viaggio è un’avventura, come in fondo lo era per me e ancora è così.
La seconda classe è densamente popolata, assomiglia a quella zona di confine tra uno slum e un quartiere popolare di Mumbai, quella linea in cui si mescola tutto, e tutti devon tener duro nella ressa, e nella ressa e nella difficoltà si crea qualcosa. La seconda classe ti mette alla prova, col tanfo sudato che la percorre nei giorni esitivi e l’aria condizionata che non va, o con il riscaldamento che d’inverno se va male è troppo alto e ti senti soffocare e se va peggio è rotto e allora congeli, che per scaldarti guardi gli altri passeggeri, magari in cerca di un sorriso, un’intesa che dia il via ad una conversazione che ti distragga, e quando il treno ferma alla tua destinazione devi pregare tutti i santi sperando di indovinare la porta giusta, quella non fuori servizio, che altrimenti il rischio è quello di rimaner sul treno, ancora.
La seconda classe di un regionale vista così sembra un girone infernale, e invece se guardi bene è poetica, anzi è quasi epica, il racconto su rotaia di un paese che nonostante tutto si sbatte, si allea, si stringe a coorte come un manipolo valoroso ma malandato che tenta lo sfondamento delle linee nemiche con i pochi mezzi che ha. Sulla seconda classe dei regionali ho ascoltato le storie più incredibili, le opinioni più discutibili, ho incrociato sguardi conturbanti che mi facevano viaggiare con la fantasia per centinaia di km, per poi vederli scendere dal treno e non rivederli più provocando in me uno strano senso di malinconia, come se t’avessero tolto qualcosa appena scovato ma che non hai ancora avuto il tempo di goderti.
In seconda classe mi son trovato a condividere i posti con un egiziano e una tunisina una fredda alba di qualche mese fa mentre mi recavo per il primo giorno di lavoro milanese, e li davanti a me li ho sentiti parlare di svolta, quasi la storia mi si fosse venuta a sedere davanti sussurrandomi nell’orecchio quello che nemmeno una settimana dopo sarebbe successo. La seconda classe non la prendo per obbligo, ma perché ho bisogno di vita, che scorra nella mia stessa direzione a 160 km/h, è un viaggio nel viaggio che ho percorso la prima volta tanti anni fa con in braccio un’orsacchiotto azzurro e uno bianco e che ancora oggi percorro e che percorrerò. L’unica differenza è che adesso gli orsacchiotti mi aspettano a casa.
Buon viaggio!