Seedorf, i fischi e i fiaschi

Creato il 14 gennaio 2011 da Gianclint

Il “caso Seedorf” rappresenta forse il più chiaro esempio di come l’informazione possa – alla bisogna – modificare la realtà delle cose e farle apparire all’opinione pubblica come non sono. E a stupire di più, in questa penosa vicenda, è che a fare quadrato intorno all’olandese, inviso ormai alla stragrande maggioranza dei tifosi rossoneri, non siano soltanto i canali e i siti ufficiali, o quelli collegati in qualche maniera con la società (che, al contrario, ultimamente mostrano qualche crepa sull’argomento), ma proprio quella stampa autorevole e indipendente che dovrebbe, e sottolineo dovrebbe, rappresentare una voce terza e obiettiva in un panorama giornalistico sportivo ormai costellato da giornalisti-tifosi e da tifosi che si improvvisano giornalisti.

Alludo in primo luogo, tanto per mettere i puntini sulle i, a La Gazzetta dello Sport, che già da qualche tempo aveva mostrato una incomprensibile e per certi versi “sospetta” simpatia per il nostro numero 10, tanto da stampargli un bel 7 in pagella dopo la vittoria contro il Cagliari. La prestazione dell’olandese era stata scialba, e seguiva ad una prova disastrosa a San Siro contro la Roma. Sette politico per la vittoria? Una svista del cronista che, magari, lo aveva confuso con Strasser? Pazienza, un errore può sempre starci, nessuno è perfetto. Ma se errare è umano, recita una nota massima, perseverare è diabolico.

Ed ecco che dopo il disastro di domenica scorsa contro l’Udinese la “Gazza” non se la sente ancora di bocciare il plenipotenziario dello spogliatoio rossonero e si spinge a concedergli quasi la sufficienza con un tiratissimo 5,5, motivato principalmente dall’errore fatale che ha portato al terzo gol di Di Natale (e ci mancherebbe…), ma attenuato da un commento imbarazzante, nel quale veniva messa in luce la “buona prova nel primo tempo, soprattutto in fase di copertura”. La montagna di fischi ricevuti da tutto San Siro è stata ovviamente sminuita per sottolineare due minuti due di cori provenienti dal settore ultras, con commenti ovviamente lusinghieri nei confronti di quei “tifosi veri e soprattutto riconoscenti” contrapposti ai “tifosi falsi” che hanno fischiato per 60 minuti e che fischiano da anni ogni volta che il nostro tocca palla.

Ovviamente la memoria di questi cronisti è corta, visto che furono proprio loro a etichettare come ingrati, brutti e cattivi gli stessi ultras che contestarono Paolo Maldini nel giorno del suo addio a San Siro. Dal mio punto di vista il discorso si potrebbe chiudere facendo notare che la credibilità del secondo anello blu è stata provata e testata lo scorso anno, quando da quella ex Fossa non partì nemmeno un coro di contestazione nei confronti di una società che aveva ceduto il giocatore più rappresentativo e che non aveva investito un Euro sul mercato, regalandoci una chicca come Onyewu.

Ma io sono un tifoso e non scrivo su La Gazzetta dello Sport. Dalla quale pretenderei un minimo di coerenza, almeno con la propria linea editoriale. Linea editoriale che ogni tanto (come nella “valutazione etica” dei nostri ultras) traballa, ma che pare granitica soltanto quando c’è da difendere Seedorf, tanto che martedì, quelli che ormai sono diventati a tutti gli effetti gli avvocati d’ufficio dell’olandesone nostro, si spingono a pubblicare un editoriale, firmato da Alessandra Bocci, che supera ogni aspettativa.
Il concetto espresso è semplice: le contestazioni a Seedorf? Ingiuste e incomprensibili. I tifosi che hanno fischiato? Irriconoscenti. Il titolo, poi, è da libro Cuore: “Seedorf merita affetto, non fischi”. Alla fine del pezzo, in cui si celebra il giocatore dipingendolo come un grande campione sempre decisivo per i colori rossoneri, la Bocci si spinge più in là, venendoci (a noi che fischiamo Seedorf, intendo) a dare lezioni di vita e a farci la morale.

“La riconoscenza nel calcio non esiste – scrive la giornalista – e ogni storia ha una sua fine, ma chi ha fatto un pezzo della storia dovrebbe aver diritto a un po’ di affetto. I tifosi infamano Leo per la sua scelta, ma se sono i primi a non avere sentimenti non si capisce come possano pretenderne da altri”. Cara Bocci, la morale falla a casa tua, non a chi si paga fior di abbonamenti e ha il diritto di contestare un giocatore che non piace. Parafrasando le tue parole ti rispondo che chi paga per andare allo stadio, nei limiti della civiltà, ha il sacrosanto diritto di fischiare e di contestare un giocatore che azzecca da anni una partita su dieci. E ha anche il diritto che la stampa che si fregia di equidistanza e di indipendenza riporti i fatti per quelli che sono, astenendosi dall’emettere giudizi etici o morali degni di ben altri contesti.

Marco Traverso


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