Seggi chiusi in Iran. Rouhani: test sulla politica di apertura

Creato il 27 febbraio 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

Seggi chiusi in Iran. Ora si attendono gli esiti del voto per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli Esperti. L’occasione di questo voto è fondamentale per Teheran: il primo dopo l’epoca delle sanzioni e un test per la politica di apertura inaugurata dal presidente Rouhani.

Per i media locali e per la comunità internazionale, le elezioni appena concluse sono una “tappa vitale” per l’Iran di Rouhani, che ha inaugurato una nuova stagione politica. L’apertura del presidente iraniano vuol essere un input di rafforzamento del potere di fronte al peso esercitato dai conservatori. I media del mondo sottolineano il significato epocale di queste elezioni: le prime dopo l’accordo sul nucleare. Ricordiamo le parole del ministro degli Esteri, Zarif, che ha detto nel luglio 2015: “Accordo non perfetto, ma ugualmente storico. Ora si apre la stagione della speranza”.

Secondo gli ultimi dati del Ministero degli Interni iraniano, l’affluenza alle urne nella giornata di ieri è stata del 60%. Una percentuale che si traduce in circa 33 milioni di votanti alle urne sui 55 aventi diritto in Iran. Diversi osservatori hanno considerato le ultime elezioni iraniane come un “referendum sul riformismo del governo di Rouhani”. Stando alle prime indiscrezioni, i moderati sembrerebbero in testa, anche se Hussein-Ali Amiri, portavoce del Ministero degli Interni, ha ammonito dall’operare speculazioni sugli esiti parziali. Insomma, nessun pronostico al fine di garantire la maggior serenità possibile in questa fase di spoglio. Intanto Hussein-Ali Amiri ha già spiegato che in alcune città dell’Iran si potrebbe arrivare al ballottaggio. Dunque, nulla può dirsi concluso e definitivo in questa prima tornata di voti. Infatti, nessun candidato ha raggiunto il 25% per passare al primo turno.

Dopo cinque “false” chiusure per via delle lunghe file di elettori, finalmente le urne sono state chiuse ed è iniziato lo spoglio. Al voto 33 milioni di iraniani per 4.844 candidati, tra i quali si contano 500 donne per 290 posti in Parlamento. Per l’Assemblea degli Esperti i candidati sono 163 figure religiose per 86 seggi. Questi i dati di un Iran che sta attraversando la stagione politica delle riforme del governo di Rouhani. Rispetto alle precedenti consultazioni, quelle attuali hanno registrano un -4% relativamente all’affluenza alle urne. I media locali ci tengono a sottolineare che si tratterebbe ancora di dati parziali, non definitivi, e che diversi voti devono essere ancora contati. Questo è almeno il commento del Ministero dell’Interno rilasciato all’Agenzia Irna.

Il leader dell’Onda Verde, Mehdi Karroubi, ha espresso il suo voto da casa dov’è agli arresti domiciliari. L’Onda Verde è un movimento che nel 2009 fu alla guida delle contestazioni contro la rielezione di Ahmadinejad, il presidente iraniano che guidò il Paese dall’agosto 2005 all’agosto 2013. A riferire del voto di Karroubi è il sito riformista “Kaleme”, che fa sapere come questo voto sia il primo per il leader di Onda Verde dall’inizio degli arresti domiciliari. E ricorda ancora di come Karroubi sia finito agli arresti: per aver organizzato una manifestazione antigovernativa, quando il Medio Oriente era segnato dalla stagione delle Primavere arabe.

L’organizzazione di quella manifestazione antigovernativa fu gestita da Karroubi e da un altro esponente di Onda Verde, Mir-Hossein Mousavi. La protesta di Teheran del febbraio 2011 era l’ennesima di altre proteste che stavano interessando – o avevano interessato in un recente passato – il Medio Oriente e il Nord Africa: dalla Rivoluzione del Nilo (Egitto, 2011) alla Rivoluzione dei Gelsomini (Tunisia, 2010-2011). La risposta delle autorità fu perentoria: sia Karroubi che Mousavi finirono agli arresti domiciliari. L’attenzione della politica di Rouhani fu rivolta anche verso questi casi particolari, ovverosia verso quei prigionieri politici che si erano visti incarcerare per aver organizzato manifestazioni di piazza. L’apertura del pensiero di Rouhani va anche in questa direzione: “L’isolamento dell’Iran – rispetto al resto del mondo – dev’essere contrastato. E una prima fase sta proprio nel dar voce agli oppositori, senza esercitare un’indemocratica repressione politica”. Ecco allora la centralità dell’Assemblea degli Esperti. Una volta votati, questi ultimi resteranno in carica per otto anni e dovranno scegliere la guida suprema nel caso in cui l’ayatollah Khamenei morisse. Ma oggi è quanto mai importante eleggere con coscienza quest’assemblea. Secondo alcuni osservatori, infatti, Khamenei potrebbe dimettersi e lasciar vacante il ruolo della guida suprema dell’Iran.

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