Ernesto porta a spasso una pietra convinto che si tratti di sua figlia, Robertino crede di trovarsi su Marte in ostaggio degli alieni e Luisa, sicura di essere di nuovo giovane, aspetta il marito, già morto da un pezzo. Il 16 giugno 2004, a Pont Canavese, un piccolo paese in provincia di Torino, si abbatte una violenta pioggia di meteoriti. Anche se nessuno rimane ferito, le vite di Ernesto, pacato signore di mezza età, Luisa, ultraottantenne suonata, e Robertino, bambino pieno d’immaginazione, subiscono uno sconvolgimento improvviso. Partendo da questo evento naturale, eppure così straordinario, Carlotta Balestrieri ci trasporta in un mondo folle e visionario con uno stile a tratti pulp a tratti nostalgicamente grottesco.
Provate a immaginare: una mattina vi svegliate e sentite qualcosa di “peloso” sul cuscino. Pensate sia il gatto, ma non è così. Vi alzate dal letto, vi guardate allo specchio: siete quasi calve. Vi toccate la testa e i pochi capelli che avete ancora vi rimangono in mano come ciuffi d’erba.È quello che accade a Barbara in “Non avrai il mio shampoo”, colpita all’improvviso da una forma di alopecia areata. “Noi portatori di testa nuda abbiamo piccole convinzioni: l’alopecia capita alle persone sensibili; non è mai per caso; ti rende, tuo malgrado, migliore. Credo sia vero, ma non per meriti, piuttosto per la fattispecie della malattia stessa: l’alopecia ti lascia sano, non hai dolori, non ti ricoverano da nessuna parte, non devi occuparti di tamponare ferite, di fare riabilitazione. Niente. Non fa altro che portare via la tua immagine, te la strappa di dosso come l’imbianchino la tappezzeria vecchia.” E così, tra pareri medici e parrucche, vacanze al mare, vergogna e moti d’orgoglio, Barbara riesce finalmente a guardare in faccia la realtà e a raggiungere il traguardo più difficile, ma anche quello che dà la soddisfazione più grande: accettarsi per come è e volersi ancora più bene.