Segreti e bugie

Creato il 05 maggio 2012 da Albino

Tenere un blog per alcuni (per me) e’ una sfida. Una sfida tra la voglia di raccontare e il bisogno di mantenere la propria privacy. Perche’ le strade da scegliere sono due e due soltanto: o blocchi tutto con una password, oppure eviti di raccontare la tua vita privata. Perche’ l’internet e’ aperto e accessibile a tutti – colleghi di lavoro presenti passati e futuri, amici presenti passati e futuri, e poi amici degli amici, conoscenti dei conoscenti, di tutto di piu’.

Alcuni diranno che c’e’ pure una terza via: cercare di restare anonimi. Cambiare nomi, situazioni, confondere le acque, non collegare il tuo blog ai social network, non dire ai tuoi conoscenti che tieni un blog. Ma se parli della tua vita viene comunque fuori chi sei, prima o poi, e il giorno che ti beccano devi comunque rispondere di quello che hai scritto – perche’ io lo so bene che l’anonimato ti spinge a scrivere tutto, a creare iperboli di sentimenti e situazioni legate allo stato d’animo del momento, cui poi magari nemmeno tu credi fino in fondo.

E allora, che si fa.

Che si fa quando sai che ti leggono conoscenti, ex colleghi, amici d’infanzia, parenti? Che si fa quando sai che potrebbe leggerti in teoria anche il tuo capo, il tuo direttore generale, il collega della scrivania a fianco, il vicino di casa dei tuoi?

Sotto varie forme e situazioni io tengo un blog dal lontano 2004 (o 2003?). Nel corso degli anni ho imparato a mie spese che quello che scrivo resta, indelebile (o quasi). E’ tutto li’, nero su bianco: altro che la timeline di facebook. Nei blog puoi scavare nel passato di una persona, leggerne i pensieri e le opinioni indietro di anni, di lustri. Per quel che ne so un giorno i miei figli magari leggeranno le cagate che scrivo adesso.

E nel corso degli anni ho imparato che non fare nomi non e’ sufficiente a garantire l’anonimato. Era forse il 2004 quando, forte dell’anonimato del mio piccolo proto-blog da 10 lettori la settimana, mi son messo a criticare in maniera troppo dura e “romanzata” alcuni amici (senza scriverne i nomi pero’, come se nessuno potesse capire di chi si trattasse) e questi dopo essersi riconosciuti nelle mie parole sono venuti a suonarmi il campanello di casa, (giustamente) furibondi.

E nel corso degli anni ho imparato che l’uso della lingua italiana non e’ una barriera per gli stranieri. Come ai tempi in cui uscivo con due tipe contemporaneamente e forte della barriera linguistica lo raccontavo sul vecchio Bello Onesto (non so chi si ricorda la saga di femmina1 e femmina2, era tipo il 2007 o giu’ di li’), fino a quando una delle due dopo aver trovato il mio blog e averlo schiaffato nel traduttore di google mi ha chiamato alle 2 di notte, in lacrime.

Purtroppo e’ cosi’, cari lettori. Alcuni di voi si lamentano del fatto che questo blog e’ diventato meno brillante da quando ho lasciato il Giappone. Il fatto pero’ e’ che e’ il rapporto tra la mia vita e questo blog ad essere cambiato, e questo e’ stato indipendente dal Giappone. Ora sono connesso su twitter e su facebook – chi mi conosce sa dove leggermi. Ho scritto un romanzo firmato col mio nome e il mio cognome e l’ho pubblicizzato sul blog. In teoria il blog potrebbe influire sulla mia carriera, se qualche pezzo piu’ o meno grosso della mia compagnia si sognasse di andarselo a leggere e non lo trovasse di suo gusto. E col passare del tempo il mio bacino di utenti si espande, e con esso i potenziali “curiosi” che mi conoscono e vengono a sbirciare cio’ che scrivo.

Non per nulla ora mi trovo qui a Tokyo, e ancora non posso raccontare quello che sto vivendo.

Ieri mi e’ successa una cosa terribile. Scioccante. Allucinante. Tre ore prima mi trovavo in un pub con due giappine, risate chiacchiere e birra a fiumi. Tre ore dopo tornavo a casa sotto la pioggia, in silenzioso shock, quasi con la voglia di piangere. Pero’ purtroppo quello che e’ successo in quelle tre ore non lo posso scrivere, ne’ qui e ne’ altrove, ne’ ora ne mai. E pure se questo blog fosse stato anonimo o l’avessi scritta dietro la protezione di una password, forse non mi avrebbe creduto nessuno.


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