Sei cigni per Simone Weil

Creato il 27 giugno 2011 da Fabry2010

Il rapporto maestro-allievo sta alla basa della cultura occidentale. L’atteggiamento di Socrate, la sua generosità intellettuale, la sua dedizione gratuita al dialogo con i suoi discepoli,  in cui si dissolvono quasi le sue tracce, è il modello di insegnamento che ha determinato la nostra visione dell’uomo come un essere in continuo divenire. Tale modello culmina negli ideali dell’illuminismo: l’uscita dell’uomo dalle tenebre dell’ignoranza attraverso il processo di acculturazione, l’idea dell’uomo come una potenzialità che va sostenuta e guidata  nel suo sviluppo da una mente più evoluta, cioè un vero e proprio maestro.

Tale visione, che ha portato alla definizione di grandi ideali, si sta perdendo nella società odierna con una rapidità spaventosa. In un contesto in cui  l’uomo non viene più considerato nella sua complessità – corpo, mente e anima – immancabilmente si riduce  a  un fantoccio, ossia un mero contenitore di sentimenti poco profondi e di informazioni sparse, spendibili, come si suol dire, su quel grande mercato globale, dove si pensa di poter acquisire ogni merce possibile, ma dove in verità si diventa soltanto merce in svendita.

Chiunque conosca la realtà scolastica e universitaria attuale purtroppo sa che questa è la triste verità. Siamo oramai abituati a lamentarci dell’infinta ignoranza degli studenti, ma raramente si indaga su sull’assenza – voluta? – dei maestri.

Ciò che si è spezzato in un breve arco di tempo è il legame appassionato, imprescindibile, capace di mettere in comunicazione l’uomo esteriore e interiore, la conoscenza dei fatti e la crescita personale. Manca quella figura in grado di fare capire ad un giovane quale sia la relazione vitale tra sé  e i contenuti che è costretto a studiare, o, più spesso, soltanto a memorizzare.

In tedesco esiste un sostantivo molto bello, caduto, naturalmente, da tempo in disuso, che è  Herzensbildung, che significa l’educazione o la cultura del cuore. Dove i contenuti non vengono messi in relazione  al mondo interiore dell’uomo, alle sue domande intime e alle sue afflizioni, le nozioni non servono a nulla, e nessuno sviluppo personale è possibile.

E’ merito della casa MC Editrice  di Milano di aver messo a fuoco il problema, proponendo una bellissima scrittura scenica di Alberto Preda che ha come soggetto il rapporto tra Simone Weil e il suo maestro, il filosofo Emile Auguste Chartier, detto Alain.

I due protagonisti si conoscono a metà degli anni venti quando Simone frequenta l’ultimo anno del liceo Henri IV di Parigi dove Chartier insegna filosofia. E’ un incontro speciale. Da subito Chartier nota in Simone una curiosità intellettuale e una profondità d’anima fuori dal comune. Non respinge le sue domande scomode e non si sente irritato dalla sua irrequietezza, perché sa che proprio questa è la premessa per una vita dedicata alla ricerca della verità.

A differenza di ciò che succederebbe nella scuola di oggi, dove il diverso è subito individuato e messo alla berlina, Alain coglie la bruciante intensità della sua allieva e la valorizza,  instaurando con lei un rapporto molto personale. Scrive Gabriella Fiori nella sua prefazione: Talora una parola–chiave esprime l’intuizione del maestro. Un esempio. Alain: “ Credo proprio che tu non entrerai mai nei ranghi di nessuna organizzazione, sei troppo.” Simone: “Troppo?”, Alain: “ Troppo. E basta.”

In questo alquanto secco Troppo si riassume il nucleo più intimo di Simone, quella radicalità che determinerà la necessità interiore di ogni singola scelta che farà nel corso della sua breve vita. Alain comprende la dimensione abissale nel carattere di Simone, non le nasconde la problematicità e anzi, pericolosità che porta in sé, ma cerca di aiutarla a  riconoscere se stessa, ad essere vigile e cioè accompagnare le proprie scelte da un’autoriflessione critica continua.

Per raggiungere gli strati più profondi dell’essere di Simone, Alain  si aiuta con una fiaba  che appartiene alle raccolte dei fratelli Grimm, e che s’intitola I sei cigni. Si narra in questa fiaba la storia di una ragazza che deve affrontare una  dura prova: tramite un sortilegio, i suoi sei fratelli sono stati trasformati in cigni. Per liberarli lei ha tempo sei anni per cucire a loro delle camice. In tutto questo tempo le è vietato assolutamente di profferire parola e di rivelare il suo segreto. La storia finisce bene, alla fine la sua pazienza viene premiata, la verità viene alla luce, i fratelli saranno liberati.

Pazienza, Simone. Un giorno, la verità verrà fuori, è inevitabile. E’ questo il messaggio che il maestro vuole trasmettere alla sua giovane allieva: Ciascuno di noi nasce con una camicina che custodisce la propria integrità interiore, ed è l’unica cosa cui nessuno può rinunciare.

Parole chiare, inequivocabili. Chi rinuncia a se stesso, chi preferisce rimanere nell’ombra,  chi non desidera arrivare alla luce fuori dalla caverna,  è perso e non sarà mai libero. Chi non cerca  -  e questo riguarda in ugual modo il maestro e l’allievo  – la conoscenza di sé e, conseguentemente di coloro che stanno intorno a lui,  è condannato a rimanere eternamente schiavo: delle circostanze, del caso, degli altri, di una sorte cattiva. Si conoscono bene le varie scuse che si è soliti usare per giustificare la mancanza di quel spietato confronto intimo è l’unico garante di una vita degna di essere chiamata tale. Come scrive la curatrice del volume, Michela Bianchi, nella sua prefazione appassionata, si tratta  di una fiducia e insieme di una promessa; la nostra  esistenza di uomini ha a che fare con una promessa e il maestro è colui che te la fa percepire, perché sa vedere il bene che è dentro di te, ci crede e credendolo lo fa essere presente.

In una società che ha volutamente liquidato la figura fondamentale del maestro, sostituendolo successivamente con quella del divulgatore e perfino dell’allenatore, che non premia, ma perversamente, punisce  chi cerca di mantenere vivo l’ideale di un dialogo educativo che va oltre la banale trasmissione di un contenuto specifico, i Sei cigni per Simone Weil è un libro necessario che andrebbe letto non soltanto da tutti coloro che operano alla base, ma soprattutto dai responsabili in posizioni dirigenziali, che fanno di tutto per rendere sia  la scuola, sia l’università una caricatura, un luogo spaventoso che riduce professori e studenti a pedine in un gioco di cui nessuno conosce più il senso.

E’  proprio la liquidazione pubblica della figura del maestro ad aprire le porte all’entrata del  mercante del sonno. Scrive Alain con insuperabile chiarezza: Troverete sul vostro cammino ogni tipo di mercanti del sonno. I più abili vendono un sonno in cui i sogni sono proprio il mondo. Per quale motivo, quindi, svegliarsi? Vi diranno che il reale è ciò che è, che non lo cambierete in nulla e la cosa migliore è accettarlo senza problemi. Il mondo sicuramente, se voi lo volete, è una specie di sogno liquido in cui nulla è legato, in cui nulla sostiene nulla. Ad ogni momento potete dormire o rimanere sveglie, comprendere: il mondo ammette tutte e due le scelte.

Stefanie Golisch

Alberto Preda : Sei cigni per Simone Weil. L’allieva e il maestro gentile. A cura di Michela Bianchi.  MC Editrice sas

ISBN 978-88-88432-32-8



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