2.
Cosa sto facendo?
Mi chiesi appena dopo aver spento il telefonino.
Guarda che questa è roba grossa! Non te la caverai mica con la solita ramanzina!
La mia coscienza continuava a tormentarmi così la annacquai con un paio di Gin lemon.
Purtroppo però, aveva ragione. Non avevo mai fatto, in vita mia, una cazzata più grossa di quella che stavo per fare.
Stavo… per… fare…
Giusto! Non ho ancora fatto niente! Ho solo chiamato un tizio e fissato un appuntamento! Mandai giù un altro Gin lemon mentre la notte avanzava e, con essa, anche l’ora dell’incontro.
Tiiiiiiii Tiiiiiii Tiiiiiiii
Una sveglia mi destò. Mi alzai assonnato dal letto. Mi ero addormentato e il pomeriggio era volato in un lampo. Erano le 9 e dovevo incontrare il tizio dell’annuncio.
Mi vestii alla meglio e scesi giù al palazzo.
Il tizio non era ancora arrivato
Mi sedetti sul gradino del portone a fissare le auto che passavano davanti a me. Ogni faro che vedevo cercavo di capire se fosse lui. Ero in ansia.
Dalla voce questo “Massimo” mi sembrava tutt’altro che giovane. Un uomo maturo e sicuramente, uno di quei classici milanesi perfezionisti.
Stranamente mi aveva preso molto sul serio nella mia chiamata. Lo dico perché io mi sarei mandato a cagare.
Mentre guardavo la strada con occhi sognanti, sentii un rombo di motori. Una moto frenò davanti casa e, con una rapida manovra, svoltò sul marciapiede, poco distante da me.
In tutta questa operazione mi ero perso tutti i dettagli. Nella mia mente c’era solo qualcosa di grigio e nero che si muoveva, una luce e un forte rumore.
Il motociclista era coperto da capo a piedi. Giubbotto di pelle, guanti, scarpe… tutto rigorosamente nero. Riuscii a intravedere solo gli occhi, quando si alzò la visiera…
- Ciro? – mi domandò quell’uomo.
- Sì, sono io… – risposi quasi meccanicamente.
Spense il motore girando la chiave e solo a quel punto mi accorsi della meraviglia che era sotto di lui a meno di un metro da me.
Guardai le ruote Pirelli diablo, i dischi freno brembo, il classico fanale rotondo, il telaio intrecciato a vista, il grosso serbatoio grigio e il carbonio… quanto cavolo di carbonio c’era su?
Massimo si tolse il casco e mi porse la mano. Ci vollero due o tre secondi per riprendermi.
Sistemò la moto sul cavalletto e iniziò a sciorinare tutti i pregi e i piccoli difetti della moto che stava vendendo. Io ero in trance… Il mio cuore batteva come quando inviti una ragazza al primo appuntamento. Mi abbassai a guardare le marmitte. Perfette, aveva montato quelle di una 692. Erano più belle e discrete di quelle originali. Controllai i dischi della frizione dal piccolo oblò. Controllai l’olio… il manubrio…
- Gli specchietti non sono quelli originali… – disse.
- Sì, vedo… – risposi senza nemmeno voltarmi verso di lui.
- Ho montato i dischi di una 692… ho aggiunto il puntale… – e bla.. bla.. bla..
- Sì… – rispondevo a monosillabi ormai, mentre restavo accovacciato accanto alla moto.
Non c’era più tempo da perdere ormai. Mi ero innamorato. La volevo!
Mi alzai di scatto e fissai Massimo negli occhi. Da bravo milanese non si fermava un attimo, continuava a descrivere particolari. Cercai d’interromperlo.
- Ascolta Massimo. Mi racconterai un’altra volta dove hai comprato le viti per fissare il manubrio… Non voglio sapere più niente… La voglio! Dimmi cosa devo fare… -
Massimo fece un sospiro prima di parlare.
- Ciro, domani a mezzogiorno devo consegnarla a un concessionario. Devo venderla perché ho già ordinato un’altra moto e, o consegno lei o consegno i soldi… sai come funziona… -
- Già… ma io la prendo! Stanne certo! -
- Sì… ma dobbiamo finalizzare tutto domani, compreso il pagamento. – precisò Massimo.
- Certo… come scritto nell’annuncio? – dissi.
- Sì, 1800€ -
- Non ti preoccupare Massimo… domani mattina avrai i tuoi soldi! -
Massimo sorrise, indossò il casco, salì in moto e partì più veloce di com’era arrivato.
Lo seguii con lo sguardo fino a perderlo nel vuoto.
Tornai a sedermi sul gradino del portone. Incrociai le gambe e pensai…
- Dove cazzo li trovo tutti quei soldi in contanti entro domani? -
continua…
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