Seicentoventi (V)

Da Snake788

Ormai era tardi.
Il faro della moto illuminava a stento il percorso davanti a me.
“Provaci… provaci ancora…”
Ma, l’unica cosa che provavo era rabbia e irritazione per la mia incapacità.
Impugnavo saldamente il manubrio. Il motore scoppiettava sbuffando fumo e vapore in un freddo gennaio. Sospiravo. Ero indeciso se lasciar perdere o continuare. Guardai a destra.
Da lontano, Francesca mi osservava con i suoi grandi occhi penetranti. Mi conosceva a pennello. Conosceva la mia testardaggine in entrambi i sensi e solo lei sapeva come indirizzarla nel senso giusto.
-  Riprovaci! – urlò.
-  Non ci riesco! Non gira! Sembra una barca! E’ impossibile! -
-  Ce la puoi fare! Forza. -

Sbuffai mentre guardavo, dipinto sull’asfalto, il percorso dell’esame della patente A.

Eravamo in un parcheggio semisconosciuto in una normale sera di pieno inverno. Attorno a noi c’erano gruppi di case e palazzi che chiudevano la visuale in ogni dove. Francesca mi aveva portato lì. Sapeva che qualche scuola guida nei dintorni aveva disegnato su quell’asfalto rozzo e fangoso il percorso per l’esame.
Erano ore che provavo. Ma non potevo mollare.
Quella sera… era la sera prima del giorno del mio esame.
Ed io, non riuscivo ancora a fare quel maledettissimo 8.

Tirai la leva della frizione, misi la prima. La spia verde del folle si spense. Lasciai pian piano la leva e la moto incominciò a muoversi. Mi posizionai sulla linea poco prima dell’esercizio più difficile. Sospirai, pronto a un nuovo fallimento.
Per i profani forse, potrebbe sembrare una cazzata disegnare un otto con una moto attorno a due birilli. E anch’io lo pensavo così qualche giorno prima. Che sarà mai? Ci riescono tutti!
Tutti… tranne me…

Ero pronto. Prima d‘iniziare voltai lo sguardo verso Francesca che mi guardava speranzosa. Quanta pazienza che aveva.
Mi rispose allo sguardo con un cenno del capo e partii.
Diedi poco gas cercando di non sforzare troppo il polso, ormai distrutto. Passai nel centro, tra i due puntini disegnati senza problemi. Poi iniziò la lunga curva della testa dell’otto che presi bene, quasi a filo del contorno, e senza passare su nessun birillo immaginario. Tornai al centro per la seconda curva dell’otto. Dove sbagliavo da circa 2 ore.
“Questa volta ce la devo fare!”
Accelerai entrando nella curva e capii subito che la traiettoria mi avrebbe portato su quel maledetto pallino bianco.
“No cazzo!”
Con rabbia strattonai il manubrio verso il basso. La moto s’inclinò leggermente e, per non cadere, diedi un colpo d’acceleratore, in modo che la moto tornasse diritta.
Così facendo però, non solo non ero caduto, ma avevo anche finito il percorso senza sbagliare.
E… rimasi di stucco. Avevo capito il segreto. Dovevo piegarmi per aumentare il raggio di sterzata. Solo così potevo completare le due curve dell’otto senza uscire fuori.
Tremavo… non solo per il freddo. Anche perché, si era aperta una vena di speranza e avevo ansia di riprovare.

Frizione… Prima… via…

continua… (martedi ore 10)