Seicentoventi (VII)

Da Snake788

Mi sentivo come una sardina compressa in una scatola di latta. Indossavo un giubbotto da moto di qualche taglia più piccola della mia. Un mio caro amico motociclista mi aveva salvato il culo prestandomelo. Le ferree regole per l’esame imponevano un abbigliamento protettivo adatto ed io non avevo un bel niente.

-   Mi raccomando… – dissi guardando in faccia a Gianni e Francesca, poco prima che salissero sull’auto.
-   Si tranquillo, amore… ci penso io. -

Cercai di riporre quel poco di fiducia che possedevo in quei due. Ma avevo uno strano presentimento, come al solito.
Salii in sella alla moto e l’accesi. Mi piegai in avanti ma subito mi scivolò dalla tasca il cellulare. Quel giubbotto aveva delle tasche minuscole e non potevo rischiare di perderlo per strada.
Gianni e Francesca erano già in macchina. Il mio amico aspettava solo un cenno per partire.
-   Aspetta! Aspetta! – dissi avvicinandomi al finestrino di Francesca.
-   Che c’è? -
-   Prendi queste cose… non riesco a portarle! – dissi, consegnandole il portafogli e il cellulare.
Francesca, titubante, prese le mie cose e chiuse il vetro. Saltai in sella alla moto e feci un cenno a Gianni di partire.

Faceva strada davanti a me. Guardai per un attimo il cielo. Il sole quella mattina tardava a svegliarsi per smorzare il gelo invernale.
Dovevamo imboccare la tangenziale per arrivare dall’altra parte di Milano. Il giorno prima avevamo studiato la strada fino allo sfinimento.
“Spero che non sbaglino”

Quand’ecco presentarsi davanti a noi il bivio della tangenziale.
“Sinistra, svolta a sinistra!”
E invece, la bmw di Gianni svoltò a destra.
“Cazzo no!”
Volevo urlargli contro ma non potevo far niente a bordo della moto. Ormai il danno era fatto. Avevamo imboccato la tangenziale dal lato sbagliato e avremmo fatto molta più strada per arrivare a molino dorino. Oltretutto, quel percorso non lo conoscevo a memoria, quindi, avrei dovuto fidarmi ciecamente di lui e del suo navigatore.
E, quasi non contento delle sue cazzate, Gianni iniziò a spingere giù con l’acceleratore.
“Cazzo Gianni! Non sono in macchina! Non possiamo giocare!”
“Ho una cazzo di moto! E non ho neanche la patente!!”
Cercavo di stargli dietro alla meglio. Ma lui sembrava volesse seminarmi più che farmi da guida. “Dovevo dirgli di non correre!”
“Possibile che Francesca non se ne accorga!”
Gianni faceva lo slalom tra le macchine. Passava dalla corsia di sorpasso a quella per i veicoli lenti. A un certo accelerò e lo persi di vista.
“Dove sei! Maledetta BMW!”
Lo cercavo tra le macchine attorno a me. Il casco non mi dava una piena visuale. Il freddo mi stava congelando le mani, nonostante i guanti.
Ero nella corsia centrale a circa 100 all’ora. Continuavo diritto mentre cercavo il mio amico. A un certo punto però. Vidi una macchina grigia svoltare rapidamente a destra verso uno svincolo. Osservai meglio e vidi dal finestrino quella faccia da schiaffi di Gianni che non si era ancora accorto di niente.
“CAZZO!”
Lui aveva svoltato ed io avevo saltato quello svincolo. Ormai ero obbligato ad andare diritto verso chissà dove.
Rallentai pericolosamente la velocità pensando a cosa fare.
Ma m’ero dimenticato di essere nella corsia centrale.
Sentii un’ombra gigantesca dietro di me e un:
Peeeeeeeeeeeeeee
Un camion mastodontico mi stava arrivando addosso.
Mi voltai e sgranai gli occhi.
“Porcaputtana!!”

Continua… (Mercoledì, ore 10)


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