Sembra ieri eppure sono passati tanti anni da quell’undici settembre quando giunsero le prime frammentarie notizie del Golpe cileno e della possibile morte di Salvador Allende asserragliato nel Palazzo della Moneda.
Allora ero appena ventenne, il mondo era diverso, non c’era internet e le notizie viaggiavano lente e le immagini, anche quelle più violente dello Stadio Nazionale trasformato in un enorme campo di concentramento, erano mitigate dal velo pietoso delle trasmissioni televisive in bianco e nero.
Sembra ieri eppure sono passati quattordici anni dal pomeriggio di settembre, tutto sommato simile ad oggi, nel quale, mentre stavo passeggiando, la mamma di uno dei miei allievi mi fermò per dirmi che le torri gemelle erano state colpite.
E la televisione ci mostrò, in tutta la loro crudezza e a colori, le immagini delle torri avvolte dal fuoco e dal fumo, degli uomini che si gettavano dal grattacielo in fiamme, degli edifici che collassavano crollando su se stessi come castelli di carte.
Sembra ieri eppure è passato tanto tempo, tanto che i ragazzi che ho accolto in classe questa mattina non erano neppure nati, tanto che quelle immagini un po’ sbiadite dal ricordo sono entrate nei libri di storia, tanto che non riusciamo neppure a renderci conto di quanto quel mondo non esista più.