Nei giorni 23 e 24 aprile, insieme a Serena Triacca e Simona Ferrari del CREMIT e ai colleghi Sibilio e Rossi con i loro gruppi di ricerca, sono stato ospite di Alain Berthoz al Collège de France. Berthoz è un fisiologo. Il suo libro più famoso (e la ragione per cui tutti noi eravamo a Parigi in questi giorni) si intitola Semplessità. L'idea della semplessità proviene dallo studio del mondo biologico e si riferisce alle strategie attraverso le quali le specie viventi si adattano alla complessità circostante. L'ipotesi di lavoro, a Parigi, era di trovare dei punti di contatto tra la semplessità e la didattica, declinare didatticamente la semplessità.
1. Il lavoro di Berthoz, insieme alle letture in materia di neuroscienze degli ultimi anni, alla mia ricerca sul microlearning, ai tanti incontri di formazione con dirigenti e insegnanti sui neoapprendimenti e i media digitali, mi hanno suggerito una nuova metodologia di approccio al lavoro didattico che ho battezzato EAS: Episodi di Apprendimento Situato. Nei giorni scorsi La Scuola di Brescia ha pubblicato il libro che è il risultato provvisorio di questa ricerca (Fare didattica con gli EAS. Episodi di Apprendimento Situato). Già all'ultima edizione di "Teniamoci per mouse", l'appuntamento annuale degli insegnanti Mac users ne avevo sintetizzato la sostanza (cliccare qui per visualizzare le tre parti dell'intervento: parte 1, parte 2, parte 3).
2. Il metodo di lavoro che ci si è dati è stato quello del brain storming a partire da delle proposte di ricerca presentate dai partecipanti. Come lo ha definito Berthoz, "une confusion productive". Uno dei temi su cui la discussione ha ruotato è l'uso dei videogiochi nella formazione e nella didattica. Serge Tisseron, psichiatra da anni attento al rapporto tra media ed educazione, ha osservato come il videogioco si possa intendere come mondo semplesso, in cui le affordances coinvolgono anche il mondo interiore del giocatore. Di qui il suo possibile uso in chiave terapeutica e come strumento di educazione alla salute. In modo particolare quel che secondo Tisseron è interessante sono l'intenzione di azione e l'offerta di senso da parte degli oggetti del mondo virtuale. Ciascuno si costruisce la sua storia quando videogioca e finisce per assumere tre punti di vista: auto (soggettiva), etero (controcampo) e allocentrato (oggettiva irreale). Quando si guarda qualcuno giocare a un videogioco a un certo punto chi gioca finisce per usare il proprio avatar come un robot esponendolo al pericolo, ma in altri si preoccupa molto della sua salute. Insomma: empatia, simpatia, apprendimento sono legati.
3. La presentazione dell'Atelier d'espaces della Facoltà di Architettura dell'Università di Lovanio ha offerto lo spunto ai partecipanti per riflettere su alcuni concetti chiave come: corpo, situazione didattica, teatro. In fondo quello che gli amici di Lovanio propongono ai loro studenti è un EAS nelle sue tre parto costitutive: quella preparatoria, in cui il carico è sull'insegnante che deve immaginare la situazione didattica e costruire strumenti per accompagnarci lo studente; quella operatoria, consistente in un lavoro di produzione; quella riflessiva, in cui l'insegnante torna su quanto emerso insieme all'aula favorendone la comprensione metacognitiva. Sulla progettazione dell'EAS si è lavorato in modo particolarmente intenso, anche grazie al contributo di Didier Bottineau, linguista del CNRS.
L'appuntamento è per l'autunno, quando Berthoz dovrebbe essere in Italia e in un seminario ulteriore vi sarà la possibilità di riprendere e approfondire quanto messo a fuoco nella intensa due-giorni parigina.