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Sempre meno carta in Italia: copie a picco per tutti i quotidiani italiani, profondo rosso per l’Unità

Da Kobayashi @K0bayashi

I dati Ads (Accertamento diffusione stampa) di aprile certificano quello che è ormai universalmente chiaro: l’editoria, specie quella italiana, è in crisi nera. Tutti i quotidiani più importanti, infatti, registrano una vera e propria emorragia di copie diffuse rispetto al 2010, anno che già non era stato dei più rosei per la stampa nazionale. Lo stato di sofferenza è generalizzato: a parte l’Avvenire che cresce dello 0,6% e il Fatto Quotidiano, che sale fino a 79mila copie, il resto sembra più che altro un bollettino di guerra.

Tra i giornali più venduti accusano pesanti flessioni sia il Corriere della Sera, passato in 12 mesi da 507mila a 490mila copie con una perdita del 3.4%, che Repubblica, in calo del 4.4% dalle 466mila copie del 2010 alle odierne 445mila. Non se la passano meglio né la Stampa, che registra un crollo del 6.3% che vale quasi 20mila copie in meno, dalle precedenti 293mila alle attuali 275mila, né il Sole 24 Ore, alle prese con l’ennesimo ribasso – stavolta del 3.5% – da 275mila a 265mila copie.

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Se Libero, quanto meno, può vantare il calo più contenuto del settore, passando da 110mila a 107mila copie diffuse con un -2,8%, non si può dire lo stesso del Giornale, che pure limita le perdite a -4.2% passando però dalle 187mila di aprile 2010 alle attuali 179mila. Profondo rosso, invece, per la fase finale dell’Unità di Concita De Gregorio, che agli sgoccioli ormai della sua conduzione ha visto il quotidiano di Gramsci perdere ben 10mila copie anno su anno passando dalle precedenti 52mila alle deludenti 42mila di tre mesi fa, con un maxiribasso del 18,1% che ha probabilmente segnato l’inizio della fine per il regno dell’ex firma di Repubblica. Male anche il Manifesto, da mesi in crisi economica, che paga pure in edicola l’incertezza del suo futuro editoriale: le 3 mila copie perse in 12 mesi, da 21mila a 18mila, gli valgono un -11.5% che risulta essere il peggior risultato percentuale del settore.


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