Mi volto in automatico verso quella giovane voce che proviene dal buio. Seduta tra i tavoli in penombra, non capisco subito, la luce del lampione fa da riflesso e, ad avvicinarsi, sono solo ombre indefinite. Un attimo e poi sono lì di fianco a me. Nel Giardino d'Estate del nostro ristorante preferito, tre "sbarbatelli" sbucano dall'area giochi allestita appositamente per loro: altalene, scivoli, qualche palla e tanto verde. E' un locale per famiglie quello, e uno spazio del genere è apprezzatissimo da tutti i genitori che, in attesa che il pizzaiolo sforni, fanno divertire i loro bambini e scambiano tra di loro, qualche chiacchiera solidale.
I tre " sbarbatelli" sono vestiti come la loro età richiede, pantaloncini e maglietta, nulla di che, nulla di strano per lo meno. La moda del momento, di quella che la cintura sta alle ginocchia e che se non ti si vedono le mutande non sei nessuno, ancora non l'ha traviati e loro, giovani, molto giovani, quasi bambini, hanno un viso pulito e nessun pelo.
A occhio in tre contano trent'anni o poco più e di sicuro fanno parte di quella scolaresca che sta cenando al tavolo vicino. Che carini che sono.
Sorrido.
Dimmi?"…
Il più grande dei tre avanza leggermente, sorride a sua volta e guardando furtivamente il tavolo dice "Ci da una sigaretta?"
Improvvisamente in quest’afosa serata di giugno, diretto come uno schiaffo in pieno viso, sento un brivido di freddo e "paura". Guardo il Principe di fronte a me e l'amica che ho a fianco, e passa troppo tempo affinché riesca a pronunciare " No guarda non sono le mie". L'amica che ho seduta accanto, più sveglia di me, prende velocemente il pacchetto del suo compagno, se lo avvicina e senza dare il tempo allo sbarbato di riformulare la richiesta, con lo sguardo lo fulmina e con la bocca gli dice NO, un NO secco, bello e tondo che non lascia replica.
I tre ringraziano, alzano gli occhi al cielo e se ne vanno. Una scena questa, che mi fa tornare alla mente quella vista qualche sera prima alla festa del paese. Stavolta siamo nel parcheggio e mentre spingiamo le nostre due carrozzine, un gruppetto stessa età e stesso stile, si aggira furtivo tra le auto in sosta. Si nascondono ma con spavalderia aspirano grandi boccate. Il più piccolo ci vede avvicinarci e sussurra: “Andiamo la in fondo che ci vedono” “E che mi frega anzi io me ne fumo un’altra”. Sedute a fianco un paio di ragazze in pantaloncini micro, una bottiglia di birra vicino e una conversazione da pelle d’oca. Siamo passate di fianco ed io ho abbassato lo sguardo. Sarò vecchia? Sarò babbiona? Non lo so ma in quel momento ero solo una mamma preoccupata per la scena che avevo di fronte. Una sigaretta, una birra, vestiti succinti, forse sono tutte cose di cui non “preoccuparsi”, d’altronde si sa la nostra società oggi propone modelli ben più pericolosi, ma non riesco a considerare normale e accettabile tutto ciò. Un amico l’altra sera, raccontando delle sue scelleratezze passate, ha detto: “Sì, ne ho fatte di caççate quando ero giovane, ma tutte con la consapevolezza che stavo sbagliando e che se l’avessero saputo i miei, di sicuro sarebbe partito uno schiaffo”…oggi no, oggi non sai più che stai sbagliando, anzi è sbagliato non farlo. Oggi il gruppo è sacro, appartenervi un dovere e la simbiosi una regola. Oggi è normale per un ragazzo di poco più di 10 anni, chiedere a una perfetta sconosciuta una sigaretta, ed è normale star sedute su un marciapiede, nascoste tra le auto a bere birra e a dire parolacce. Cestino ha tre anni, ce ne vorranno ancora una diecina per uguagliare in età, i tre sbarbatelli e pure il gruppetto spavaldo del parcheggio, per allora la situazione sarà peggiorata e anche se c’è ancora tempo, io già mi preoccupa che un giorno qualcuno non lo senta dire “Senta mi scusi?”