Sentenza Facebook, niente di clamoroso

Creato il 08 ottobre 2015 da Db @dariobonacina

Mi sono letto la sentenza della Corte Europea su Facebook e, a mio avviso, di clamoroso non ha proprio niente. In pratica decade quell’accordo denominato Safe Harbour e quindi ora un Garante della Privacy di uno stato UE può disporre la sospensione di un trattamento di dati personali effettuato negli Stati Uniti quando esiste la prova o il fondato sospetto che quel trattamento non è conforme alle norme europee. Finché non viene emesso un provvedimento di sospensione, il trattamento viene considerato conforme. Niente di spaziale, ma crea un precedente utile per future azioni legali che potrebbero essere aperte per casi specifici.

Per l’Italia non ci sarebbe nulla di nuovo, dato che in merito all’autorizzazione del 2001 derivante dal Safe Harbour, già all’epoca il Garante diceva appunto:

Sulla base dei principi fissati dalla Commissione europea, il Garante, preso atto della dichiarazione comunitaria di adeguatezza del livello di protezione garantito dalle organizzazioni aventi sede negli Stati Uniti d’America ed aderenti al c.d. accordo del “Safe Harbor”, ha autorizzato il trasferimento dei dati personali dall’Italia verso gli U.S.A.; il Garante si è riservato di svolgere i necessari controlli su trasferimenti di dati e su connesse operazioni di trattamento, nonché di adottare eventuali provvedimenti di blocco o di divieto di trasferimento.

Al netto di violazioni delle condizioni di utilizzo di un servizio, che ogni utente sottoscrive al momento dell’adesione, resta ferma la cacofonia concettuale di rivendicare il rigoroso rispetto della privacy verso chi gestisce una piattaforma di social network a scopo di lucro, il cui obiettivo di business si basa sul ricevimento e la condivisione di informazioni con privati e aziende.