Non voglio farmi illusioni. Non credo che da domani i fiori sconfiggeranno il cemento, i giovani troveranno lavoro e anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto ad una certa età. Ciononostante mi concedo di esultare – sì, esultare – per la sentenza di Cassazione del processo diritti TV Mediaset, che accerta oltre ogni ragionevole dubbio che il tre volte presidente del consiglio italiano, senatore della Repubblica e leader di uno dei principali schieramenti politici Silvio Berlusconi, è un criminale che ha frodato il fisco per milioni di euro.
Quello che era in gioco in questo processo era la possibilità di celebrare il processo stesso: per questo avrei giudicato scandaloso un rinvio in appello (di fatto una prescrizione: sarebbe stata la decima) più ancora che un’assoluzione piena. Giovedì la corte di Cassazione non ha solo condannato Berlusconi, ha affermato il principio che nonostante vent’anni di leggi ad Personam, condoni e quant’altro, si può riuscire a condannare ad emettere una sentenza definitiva anche quando l’imputato è politicamente ed economicamente altolocato.
Le conseguenze politiche indubbiamente ci saranno, ma per quanto mi riguarda non hanno nulla a che vedere con l’essere contento di questi giorni: certo il PD dovrà rispondere al suo elettorato del fatto che il suo principale alleato di governo è un pregiudicato, ma da questo punto di vista non credo che la condanna cambi molto. Berlusconi era un personaggio politicamente imbarazzante già da prima, ed era già stato riconosciuto colpevole di diversi reati gravi (come le due corruzioni giudiziarie cadute in prescrizione solo ed esclusivamente grazie a leggi ad personam: caso Mondadori e caso Mills), oltre che di comportamenti non illegali, ma moralmente e politicamente sconvenienti che possiamo serenamente evitare di rivangare.
Certo il PDL dovrà fare i conti col fatto che il suo leader sarà presto interdetto dai pubblici uffici, ma di nuovo: Grillo ha dimostrato che la politica si può fare anche fuori dalle aule (sebbene per il Cavaliere questo significhi il dover fare a meno di varie immunità nei processi ancora in corso), e l’effetto martire della sentenza avrà solo il beneficio di rinfocolare la passione dello zoccolo duro degli elettori del PDL. Dubito invece porterà ad una crescita del consenso per Berlusconi: tutti i suoi guai giudiziari hanno sempre abbassato la sua popolarità, nonostante quello che la stampa di sua proprietà ha sempre cercato di far credere – tesi purtroppo alle quali la sinistra ha sempre abboccato, nonostante abbia sperimentato a sua volta dei cali abnormi di popolarità dovuti a vicende giudiziarie (Lusi, Penati, Monte dei Paschi, etc.).
Questi però, sono aspetti che considero secondari: la cosa che oggi mi rende soddisfatto è che, dopo vent’anni, la magistratura sia riuscita a mettere le mani su un criminale che, a causa del suo potere politico e mediatico, era sempre riuscito a farla franca per il rotto della cuffia. Per questo non concordo con chi afferma che la condanna è arrivata “nel momento sbagliato”: non esiste un momento sbagliato per condannare un criminale, esiste solo un momento giusto, che è il prima possibile. Personalmente non vedo altro significato in questa sentenza, se non che la giustizia italiana, nonostante tutto, funziona ancora, ed è ancora uguale per tutti.
Luca Romano
@twitTagli