Sentenza Shock dell’ONU. Stop alla caccia alle Balene
Una sentenza di importanza storica quella emessa dal Giudice Peter Tomka oggi 31 Marzo a L’Aia.
La Corte dell’ONU ha definito illegale la caccia alle balene, rivolgendosi in particolare al Giappone, che di questa pratica fa la sua primaria attività economica.
La caccia alle balene é un’attività antica quasi 8000 anni e anche se il Giappone é stato uno degli ultimi paesi a introdurla nel suo quotidiano (5000 a.C. Circa), quella che fino a ieri vi si svolgeva era una mattanza sconsiderata.
É solo il 1945 quando, nel tentativo di limitare i danni ecologici e ambientali relativi alla strage di balene, é stata creata l’IWC - International Whaling Commission, grazie alla quale 50 Km quadrati di mare che circondano il continente antartico é diventata la riserva Southern Ocean Whale Sanctuary.
I cacciatori di balene giapponesi hanno però violato l’area, pertanto nel 1986 é stato decretato il divieto di caccia commerciale con il preciso intento di proteggere il cetaceo dall’estinzione.
Contemporaneamente nasce in Giappone il Jarpa. Il piano Jarpa, sostituito poi dal più complesso piano Jarpa II, é un programma pensato ad hoc per tutelare e favorire la caccia alla balena, mascherando la pratica (chiaramente) commerciale in attività di interesse scientifico. La ricerca diventa dunque il tappeto sotto al quale nascondere la polvere per un paese che non fornisce documentazioni di esperimenti avanguardisti ma che fonda la sua economia sulla produzione di carne di balena e che pretende di far diventare questo alimento ‘tradizionale’ e di distribuirlo in mense scolastiche nonostante il livello di tossicità, quest’ultimo documentato (journal of environmental science and technology).
La carne di balena infatti ha la peculiarità di assorbire nelle sue masse grasse i metalli pesanti più di quanto non accada negli altri pesci e, in particolare, é stata rilevata una presenza di mercurio che ha allarmato la popolazione nipponica abbastanza da abbatterne i consumi negli ultimi decenni.
La suddetta industria ha avuto bisogno di una grossa spinta da parte dello stato, il quale ha donato 12 milioni di dollari per il salvataggio di un’industria madre di un prodotto che non viene consumato ma che causa annualmente la morte di 1400 balene, capodogli, megattere e balenottere.
Nel 2010 l’Australia ha sottoposto all’attenzione della Corte Internazionale di Giustizia l’intera, problematica, questione da ogni punto di vista: animalista, economico, commerciale, ecologista, industriale e morale.
Dopo due anni, finalmente, il tribunale dell’Aia non ha riconosciuto fini scientifici ma una gratuita crudeltà in questa pratica, imponendo al Giappone di revocare tutte le autorizzazioni, permessi e licenze che la rendano legale e di astenersi dal rilasciarne in futuro.
Fonti governative nipponiche vogliono che il paese sia deluso dalla decisione della Corte dell’ONU ma che vista la grande importanza dell’Ordinamento Giuridico Internazionale si atterrà alla sentenza.