Separatisti: Churchill, chi?

Creato il 12 maggio 2010 da Casarrubea

di Giuseppe Casarrubea

Rinvenute a Kew Gardens due lettere di Finocchiaro Aprile sul separatismo siciliano. Una porta anche la firma di Antonino Varvaro, un avvocato separatista di Partinico, segretario del Comitato per l’indipendenza della Sicilia.  L’altra è firmata solo da Finocchiaro Aprile. Sono dirette a Winston Churchill, primo ministro di Sua Maestà Britannica (6 luglio 1944), e a Antony  Eden, ministro degli Esteri (18 luglio 1944).

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Andrea Finocchiaro Aprile

I siciliani le hanno provate tutte, dal tempo dei Vespri, dalla secessione al separatismo, dall’autonomismo al recente federalismo. Cosa siano questi concetti astratti non l’hanno mai capito; ma sono rimasti sempre lì, sulla soglia della porta. Ad aspettare qualcuno, qualcosa che non è mai arrivata. Loro stessi non hanno mai saputo cosa. Forse il buon governo, forse lo sviluppo. Raramente hanno fatto i conti con quelli che li hanno depredati di tutte le risorse e ne hanno fatto una terra di rapina come scriveva, una quarantina d’anni fa, Giuliana Saladino, la grande giornalista del “L’Ora”, scomparsa nel 1999.

Certo è che essi, come gli italiani, hanno perduto la guerra contro gli Alleati, li hanno applauditi, ma in linea generale non sono stati a combattere dal lato dei vincitori. E neanche da quello dei vinti. Quando l’hanno fatto, non sono bastate tutte le umane e divine cose per ridurre a miglior consiglio i nuovi padroni. Perchè di fatto loro, i siciliani, hanno perduto sempre.

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Lettere di Finocchiaro Aprile 7

La nostra bella isola è stata, quanto a classi dirigenti, la più sciagurata di tutte le regioni italiane. Ha avuto sempre rappresentanti di basso profilo. Ad esempio nel ’43 era allo sbando e i separatisti si sentivano i padroni dell’isola. Un tipo come Andrea Finocchiaro Aprile, vecchio amico di Mussolini, si mise in testa di rappresentare tutti i suoi corregionali. I partiti legati al CLN stavano per nascere, ma lui, ad appena un anno dallo sbarco alleato, decise di incarnare il Comitato nazionale per l’indipendenza dell’isola e, giustamente, da capo di Stato quale si sentiva, scrisse un messaggio nientedimeno che a Winston Churchill, primo ministro britannico. Non lo fermò nessuno e, del resto, non c’era nessuno che potesse fermarlo. Ed ecco questo illustre politico all’opera. Nel primo anniversario della liberazione dell’isola pensò sciaguratamente per noi, di scrivere a Churchill, trattandolo come il suo lustrascarpe. “Torno a ripeterVi – gli disse come se stesse parlando a un demente – che la Sicilia non può e non vuole restare unita all’Italia”. E, dopo averlo preso per un orecchio, aggiunse: “Siamo fermamente decisi, anche a costo di dovere impugnare le armi, a conquistare la nostra indipendenza e a creare uno stato sovrano a regine repubblicano”. Forse scambiò Roosevelt con Churchill, il governo repubblicano con la monarchia, gli Usa con la Gran Bretagna, impropriamente definita l’Inghilterra. Insomma Churchill, con tutto che era grasso, dovette sobbalzare sulla sua poltrona, chiedendosi cosa tenessero dentro la testa i siciliani.

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Antonio Canepa, caduto in un'imboscata tesa dai Carabinieri

I caporioni di questo fantomatico movimento forse masticano male la lingua inglese o forse, vogliono urtare la suscettibilità dei britannici. Fanno seguire a questa, un’altra lettera, questa volta in lingua francese. E’ come parlare l’inglese ai parigini. I due, come Bertoldo e Cacasenno, se la prendono ora con i partiti del Cln, e cioè contro quella “banda di profittatori” che sono i partigiani che appoggiano gli angloamericani contro i nazisti. Che poteva fare il ministro degli Esteri Eden? Dare disposizioni di non rispondere agli insulti.  Chissà se se ne resero mai conto di questo affronto i due firmatari della missiva!

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Ecco i padri fondatori della politica siciliana. Da loro hanno fatto scuola molte generazioni di politici più terranei, che oggi ci amministrano e fanno i padrieterni nelle aule dei palazzi, a cominciare dall’Assemblea regionale siciliana: un luogo trasformato in un bel pollaio. Ma si sa, sono tutti figli d’arte.

Risiede qui l’inizio della storia della cafoneria dei nostri gruppi dirigenti.

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Quello che abbiamo conosciuto è un certo aspetto serioso del separatismo siciliano. Di un gruppo di signori, cioè, che formatisi, per lo più, durante il regime fascista, hanno avuto la pretesa di separare la loro terra di origine dall’Italia, ritenuta, come oggi fanno i vari Borghezio, Bossi e compagnia bella, la vera affossatrice delle libertà delle popolazioni e la causa principale  dei loro malanni.

Lettere di Finocchiaro Aprile 8

Per liberare il popolo dal dominio screanzato di “Roma ladrona”, in alcune regioni d’Italia, come il Friuli-Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, la Sicilia, la Sardegna e la Valle d’Aosta sono sorte regioni a statuto speciale che hanno messo la parola fine su antiche differenze territoriali e hanno affidato ad esse, condizioni particolari di autogoverno. Non entro nel merito di come queste regioni siano state governate e quanto lo Statuto siciliano, nato con regio decreto legislativo del 15 maggio 1946, sia stato applicato. Sta di fatto che la Sicilia, ad esempio, con tutti i benefici di cui ha goduto, non è stata in grado di applicare quella carta fondamentale che le concedeva poteri speciali, e che una scelta di tipo federalista renderebbe ancora più grave la sua già triste situazione.

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A queste considerazioni si aggiunge oggi, sconvolgendone lo spirito costituzionale, una guerrafondaia Lega Nord e un’altrettanto spinta sudista che rischiano di trasformare l’Italia in un campo di calcio, con relative tifoserie. In questo senso gioca la sua partita la Lega Nord. Qual è il suo obiettivo? Rompere l’ equilibrio raggiunto dall’Italia, abbandonare se stessa la palla di piombo del Mezzogiorno, deviare, attraverso il federalismo fiscale, le

La risposta di Eden alla lettera in francese di Finocchiaro Aprile

risorse delle zone industriali al Nord. A questa sorta di ideologia nordista qualcuno vorrebbe contrapporrne un’altra di tipo sudista. Quello che dice Pino Aprile, ad esempio, in “Terroni” fa parte del corredo della vecchia ‘questione meridionale’, con la differenza che i meridionalisti classici non avevano particolari asti contro il Nord, tantomeno fomentavano una sorta di guerra fredda tra le due parti in cui l’Italia era divisa. Ma il vero problema non è l’Italia divisa. Questo è un effetto. Sono invece le scelte dello Stato nazionale e delle classi dirigenti che lo hanno governato sotto le spinte del capitalismo globale e dei modelli culturali occidentali. I problemi del Mezzogiorno si risolvono cambiando lo Stato, non frammentandolo. Non vedo altre soluzioni. Se così non fosse avremmo da Napoli in giù, il governo delle mafie. Ma questa volta senza nessuna speranza di venirne fuori.


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