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La decisione di istituire un premio letterario all’interno del Festival è stata voluta dal presidente, Raffaele De Luca, molto attento alla cultura trasversale dell’immagine, e all’importanza che il lavoro testuale e letterario riveste all’interno della grande macchina del cinema, e che vuol fare di questo uno dei tratti distintivi della grande kermesse pompeiana. La presente IVa edizione del Pompei Cinema Festival, sarà dedicata a Massimo Troisi di cui ricorre il ventennale dalla scomparsa e sarà guidata da Alessandro Cecchi Paone, mentre l’organizzazione è coordinata dal manager americano Larry Wood.
Per celebrare Massimo Troisi, nell’ambito del Festival verrà anche presentata in esclusiva e in prima assoluta una mostra con materiale inedito, curata da Alfredo Cozzolino, attore e amico fraterno del grande artista napoletano e dall’associazione Ricomincio da te di cui è presidente Antonella Esposito. L’oggetto scelto come premio dal Festival merita una citazione a parte, trattandosi di una splendida riproduzione del celeberrimo Fauno pompeiano. Una menzione speciale merita a mio avviso il testo di Flavio Pagano, autore napoletano eclettico e poliedrico, che ha saputo dare vita al dramma della malattia Alzheimer con toni intimistici e profondi, ma anche esilaranti e sdrammatizzanti nel libro della Giunti Perdutamente, in cui si attiva tutta la vis partenopea che nel vivere il dramma mette in scena miseria e nobiltà della più bella città italiana. Eccovi la sinossi in breve:
Una sera di novembre come tante, una telefonata cambia la vita di un giornalista: sua madre si trova al binario 16 della stazione di Napoli in evidente stato confusionale. Non ha coscienza di sé, non sa cosa stia facendo lì, ha in tasca una lettera su carta avoriata che nasconde un evidente segreto. Dove voleva andare quella donna di ottancinque anni? Quale pensiero, ricordo, frammento di passato stava inseguendo? Questo è l’interrogativo che coinvolge un’intera famiglia costituita di sette membri, tutti in qualche modo sull’orlo di una crisi di nervi. Comincia il calvario legato ad un problema che ormai ai giorni nostri è una vera e propria piaga sociale: la donna infatti è affetta da Alzheimer. Metterla in istituto o tentare di assecondare le sue volontà che la richiamano ad un tempo passato, quando era ragazza, all’epoca del Fascismo? Si opta per la seconda soluzione per desiderio del figlio giornalista, mentre Penelope , la moglie padana, vede inizialmente male questa scelta e la famiglia si frantuma e si ricompone intorno al dramma. Il passato prende il posto del presente, in un gioco paradossale in cui si fatica a condurre una vita normale . L’anziana signora aspetta sempre il ritorno di Peppino, il marito morto quindici anni prima, e balza su ogni volta che sente squillare il telefono o il campanello di casa: è assolutamente convinta che egli sia vivo…
Anche quando l’Alzheimer si fa ingestibile la famiglia resiste per non lasciare sola la donna intorno cui è girata e gira la loro esistenza; così figli e nipoti si trasformano in badanti (fino ad inscenare l’arrivo di San Gennaro per assecondare il desiderio della malata). Un libro che ha riesumato nella mia memoria i testi di Oliver Sacks, neurologo e scrittore inglese , in cui i malati vengono trattati anzitutto come esseri umani che necessitano di cura ed amore. Perché pur tra paradossi e ironia, questa commedia napoletana mette in risalto la componente sentimentale che unisce tutti i membri di una famiglia bislacca, che fa leva su tutte le sue risorse di intelligenza emotiva per rimanere unita di fronte al dramma. il 26 agosto è uscito dello stesso autore il testo “I tre giorni della famiglia Cardillo” con la casa editrice Piemme. Esso ha già significati apprezzamenti di lettori e di critica, forieri di grande successo.