Il consorzio della Juzna Backa, secondo Birn, sarebbe collegato a Nikola Petrović, direttore della compagnia statale della rete elettrica Elektromreze Srbije, vicino proprio al premier Vučić, il quale, non solo ha accusato Birn di aver scritto falsità, ma ha anche accusato direttamente l’Unione Europea e il suo capo delegazione a Belgrado, Michael Davenport, di finanziare organizzazioni giornalistiche come BIRN per diffamare il suo governo. Birn naturalmente respinge le accuse e conferma punto per punto la sua ricostruzione.
Non è la prima volta che Vučić mostra qualche fastidio per le critiche. Nel giugno dello scorso anno, per esempio, se la prese con l’Osce accusandola di mentire dopo che essa aveva criticato il suo governo per aver cercato di limitare le critiche online alla sua gestione delle alluvioni.
Qui di seguito l'articolo di Davide Denti per Eastjournal.net
SERBIA: Il senso di Vučić per la libertà di stampa
di Davide Denti - Eastjournal.net, 19 gennaio 2015
“Dite a quei bugiardi che hanno mentito ancora. E’ tutto ciò che ho da dire”. Così il premier serbo Aleksandar Vučić, venerdì 9 gennaio, parlando in maniera non proprio lusinghiera del Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), il network balcanico di giornalismo d’inchiesta basato a Sarajevo, che durante la settimana passata aveva denunciato la corruzione in base alla quale il monopolio statale serbo dell’energia, Elektroprivreda Srbije (EPS), avrebbe affidato ad un consorzio locale senza esperienza, la Energotehnika – Juzna Backa, l’appalto per la ricostruzione della miniera di carbone di Tamnava (regione di Obrenovac), con un forte aggravio dei costi. Il consorzio della Juzna Backa, secondo BIRN, era collegato a Nikola Petrović, direttore della compagnia statale della rete elettrica Elektromreze Srbije, vicino proprio al premier Vučić. La miniera di Tamnava, danneggiata dalle alluvioni dello scorso maggio, rifornisce di combustibile la centrale TENT, che dà energia a metà del paese.
Vučić ha anche accusato direttamente l’Unione Europea e il suo capo delegazione a Belgrado, Michael Davenport, di finanziare direttamente organizzazioni giornalistiche come BIRN per diffamare il governo. “E’ importante che la gente sappia. Hanno ricevuto i soldi da Davenport e dall’UE per parlare contro il governo serbo”.
Vučić l’ha quindi buttata sul nazionalismo economico, sostenendo che BIRN avrebbe fatto lobbying perché il contratto di ricostruzione della miniera fosse affidato ad aziende straniere. “Quelli che hanno vinto i vostri [dell'UE] appalti seguendo strette procedure hanno cercato di forzare il governo della Serbia ad accettare un’offerta di una società occidentale che era più costosa di 23 milioni di euro rispetto all’offerta di una compagnia serba”, ha affermato.
BIRN conferma la sua ricostruzione dei fatti
Ma BIRN ha confermato la correttezza dell’inchiesta: “Confermiamo ciò che abbiamo pubblicato. Il nostro testo è accurato al 100%, tutto è chiaro, non abbiamo pubblicato nulla di cui non avessimo le prove”, ha affermato Slobodan Georgijev per BIRN.
Secondo Gordana Igrić, direttore regionale di BIRN, le accuse delle autorità serbe al network giornalistico ricordano quelle del regime di Slobodan Milosević. “Questo tipo di propaganda contro i mezzi d’informazione liberi e indipendenti mi ricorda gli anni ’90. Il fatto che ciò accada di nuovo in un momento che dovrebbe essere molto diverso crea confusione, perché la politica ufficiale del governo serbo punta all’adesione all’UE, ed ugualmente il governo conta molto sul sostegno finanziario dell’UE stessa.”
Anche l’Associazione Indipendente dei Giornalisti in Serbia (NUNS) ha pubblicato un comunicato in cui accusa Vučić di voler mettere pressione su BIRN e sulla libertà dei media in generale. “Chiamare bugiardi i giornalisti di BIRN, con l’accusa di aver ricevuto soldi per ‘parlare contro il governo’ è un vocabolario che appartiene a tempi passati e che è inaccettabile per una società democratica e per uno stato che, come Vučić stesso ricorda spesso, vuole diventare membro dell’UE”.
Vučić contro tutti: “Non sarò il vostro fantoccio”
La portavoce della Commissione UE Maja Kocijančič è stata un altro target delle accuse di Vučić. In un comunicato, Kocijančič aveva ricordato come “le critiche dei mezzi d’informazione, come quelle di BIRN, sono essenziali per assicurare la necessaria accountability dei governi eletti… l’UE sostiene il giornalismo indipendente e coraggioso e la libertà di parola in tutta Europa e oltre. La libertà d’espressione è un principio base della democrazia”. Kocijančič ha aggiunto che l’UE si aspetta che le autorità serbe assicurino un’atmosfera positiva per la libertà di espressione e d’informazione.
Vučić ha quindi accusato Kocijančič di volerlo silenziare: “Sono scioccato dal fatto che Maja Kocijančič a nome dell’UE abbia cercato di zittirmi, – ha scritto in una lettera alla Commissione. – Mi rifiuto di essere il vostro fantoccio“.
Secondo Jelena Milic del Center for Euro-Atlantic Studies in Belgrade (CEAS), “la reazione impietosa di Vučić non ha fatto affatto menzione dei conflitti d’interesse e delle altre pratiche oscure in cui BIRN ha colto il suo stretto collaboratore Nikola Petrović. Vučić ha deliberatamente pervertito la percezione della libertà di stampa, per sviare l’attenzione del pubblico dai fatti, e non ha avuto paura [per fare ciò] di mettere pericolosamente a rischio le già complicate relazioni tra Serbia e UE… Sfortunatamente per tutti noi, l’[ex] ministro dell’informazione di Milosevic ridicolizza il valore della libertà d’espressione, utilizzandola per difendere gli interessi finanziari suoi e del suo partito, in un momento in cui il mondo intero è in shock a causa dell’omicidio dei giornalisti [di Charlie Hebdo] in Francia, i quali sapevano veramente cosa fosse la libertà d’espressione.”
I precedenti: Vučić contro l’OSCE e ancora contro BIRN
Non è la prima volta che Vučić attira l’attenzione per questioni relative alla libertà di stampa nel paese. Lo scorso giugno, il primo ministro se l’è presa con l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE), accusandola di mentire dopo che essa aveva criticato il suo governo per aver cercato di limitare le critiche online alla sua gestione delle alluvioni. Dal 1° gennaio la Serbia è ora presidente a rotazione dell’OSCE per tutto il 2015.
“Vučić si è inventato un complotto internazionale volto a destituirlo, includendo l’OSCE, l’opposizione, gli ambasciatori stranieri, membri della polizia, il gruppo Bilderberg…” diceva nel luglio 2014 una dei cofondatori di Peščanik, Svetlana Lukić, a Osservatorio Balcani.
Lo scorso agosto, un’altra controversia aveva opposto Vučić a BIRN, questa volta in relazione alle rivelazioni del network giornalistico sull’accordo tra Serbia e Etihad per il passaggio di proprietà della compagnia aerea statale Air Serbia (ex JAT). Anche in tale occasione, Vučić aveva preso spunto dai finanziamenti UE a BIRN per criticarne pubblicamente l’operato.
“Avrei immaginato che Vučić dovesse ringraziare BIRN per aver portato alla luce la corruzione, che è ciò che lui aveva detto voler fare, anziché attaccarlo,” ha commentato Tim Judah. Vučić aveva conquistato il posto da primo ministro serbo, alle elezioni anticipate del marzo 2014, su una piattaforma politica di lotta alla corruzione e al malgoverno. Come nell’espressione coniata tempo fa dalla giornalista croata Ines Sabalic, “l’anticorruzione è il nuovo nazionalismo,” collante di legittimità perseguito perché in grado di garantire popolarità a partiti post-ideologici.
Un meeting di chiarimento tra il governo serbo e la delegazione UE a Belgrado è previsto per martedì 20 gennaio. Secondo l’analista Dusan Janjic, “è meglio [per tutti] che questa polemica si trasformi al più presto in un dialogo costruttivo”. Vučić è sotto pressione da più parti, secondo Janjic: da chi, all’interno del suo partito, segue la linea del presidente Nikolic e vorrebbe decelerare il passo nelle relazioni con l’UE, e dai contatti europei che hanno finora riposto nel primo ministro tutta la loro fiducia e si attendono di capire se egli possa essere ancora considerato un partner affidabile.
La Serbia ha ricevuto nel 2014 lo status di paese candidato all’adesione all’UE, ed aspetta ora una data per avviare ufficialmente i negoziati sui vari capitoli dell’acquis legislativo UE, dopo la prima conferenza intergovernativa UE/Serbia del gennaio 2014. Polemizzare con la Commissione UE e creare dubbi sullo stato della libertà di stampa nel paese peraltro in un momento in cui la libertà d’espressione è al centro dell’attenzione continentale a seguito del caso Charlie Hebdo, potrebbe non aiutare Belgrado a raggiungere tale obiettivo. Le istituzioni UE aspettano che riprenda in maniera concreta il dialogo tra Belgrado e Pristina, rimasto in sospeso nel 2014 per via delle scadenze elettorali nelle due capitali, prima di procedere ad ulteriori passi, che potrebbero essere presi nel Consiglio europeo del giugno 2015.