I messaggi che in questo momento arrivano da Belgrado suggeriscono che la politica europea non e' piu' posizionata in alto sull'agenda dei politici in Serbia, e' la valutazione del relatore per la Serbia del PE, lo sloveno Jelko Kacin. Proprio quando la Croazia ha firmato il Trattato di adesione all'Ue, che e' un evento storico e la piu' grande sconfitta degli euroscettici nell'Ue, il prossimo paese, la Serbia, come se volesse evitare l'agenda europea, ha detto Kacin in una intervista alla Radio Europa libera. Secondo Kacin e' fuori luogo dare la colpa per il rinvio di status di candidato all'Ue in cui una stragrande maggioranza di stati membri appoggiano sinceramente e attivamente la Serbia oppure dare la colpa alla Germania. Kacin afferma che i cittadini della Serbia meritano di sentire la verita' per voce dei suoi piu' alti rappresentanti e ripete che l'Ue non ha chiesto alla Serbia di riconoscere il Kosovo. Secondo le parole dell'europarlamentare sloveno, il dibattito sulla risoluzione 1244, in occasione della presentazione di Priština alle riunioni internazionali significa "gettare inutilmente la sabbia negli occhi dell'opinione pubblica serba" e "una storia che non porta da nessuna parte". Kacin precisa in questo senso che in Serbia nessuno sa che in questo momento presso la CEFTA, che e' l'associazione di libero mercato dell'Europa centrale, il Kosovo tiene la presidenza e finora nessuna riunione, nessun evento non e' stato disdetto. Per quanto riguarda i condizionamenti alla candidatura serba per il prossimo marzo, Kacin ha detto che si chiede sempre la stessa cosa, vale a dire il dialogo con Priština inclusa l'implementazione di quanto e' stato accordato.
Il Partito liberaldemocratico di Čedomir Jovanović chiede invece una sessione parlamentare di urgenza per discutere le sfide della Serbia, una normale campagna elettorale e la formulazione di una politica che potra' ostacolare che i prossimi mesi siano "un finale della distruzione della societa'". Il presidente del Partito liberaldemocratico in un comunicato scritto ha valutato che a dieci giorni dalla decisione del Consiglio europeo, nei giorni in cui tutti i leader europei ancora una volta ripetono chiaramente quello che la Serbia dovrebbe fare per ottenere lo status di candidato, Boris Tadić e Ivica Dačić, che e' il ministro degli interni, hanno trasformato la politica in una competizione quotidiana di slogan e di ricerca di alibi per gli errori commessi. Secondo Jovanović l'opinione pubblica viene "costantemente avvelenata e confusa con illusioni sulle nuove linee rosse, tagli cesarei, revocazioni di Stalin e Churchill e storie del modello delle due Germanie". Il leader liberaldemocratico ha sottolineato che continua ad essere imposto "il falsificato che alla Serbia qualcuno dall'Europa ha consegnato nuove condizioni e che i leader serbi hanno difeso la sovranita' territoriale in Kosovo facendo riferimento alla Risoluzione 1244 che e' un atto di capitolazione della Serbia nella guerra contro il mondo in cui il Kosovo e' stato perso 12 anni fa". Jovanović avverte che la Serbia ha bisogno di una nuova politica verso il Kosovo e verso l'Ue ma anche della verita' che deve essere comunicata pubblicamente alla gente perche' si tratta dell'unica via di fare qualcosa per il paese.
Sulla questione Kosovo, il presidente della Serbia Boris Tadić propone in questi giorni l'esempio del modello irlandese e con esso spera ad un acceleramento del processo di adesione del Paese all'Ue. Tadić spiega questa sua opinione con il fatto che la Repubblica dell'Irlanda non riconosce la divisione dell'integrita' territoriale dell'isola e tuttavia e' membro dell'Ue. Rilasciando una intervista al quotidiano della macedonia 'Dnevnik', il presidente serbo ha menzionato anche altre soluzioni per le dispute territoriali in Europa, quali l'esempio del sud Tirolo. Ha rigettato la possibilita' della divisione del Kosovo e ha nuovamente invitato alla "soluzione sostenibile" per il Kosovo. "La Serbia non ha illusioni di poter restituire il Kosovo nell'ordinamento statale della Serbia cosi' come fu stato prima del 2000, ma la Serbia non rinuncia ai negoziati e alla ricerca di una soluzione sostenibile" ha detto Tadić.
La presidente del Consiglio di politica estera del Ministero degli esteri della Serbia Sonja Liht spiega che la decisione del Consiglio europeo sulla candidatura della Serbia non significa il rifiuto bensi' una candidatura condizionata. Il problema, secondo Sonja Licht, e' che la decisione presa a Bruxelles lo scorso 9 dicembre viene interpretata diversamente. Secondo le sue parole, e' indispensabile che l'aproccio statale sia flessibile e pronto a compromessi quando si tratta di integrazioni europee. La Licht si e' detta preoccupata che con le dimissioni del vicepresidente del governo incaricato per le integrazioni europee, Božidar Đelić alcuni progetti importanti in Serbia potrebbero avere problemi. Ha aggiunto che la Serbia ha anche seri problemi con gli asilanti e che l'aiuto dell'Ue in questo senso e' indispensabile.
[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di oggi di Passaggio a Sud Est