Figlio di Gianluigi, l'inventore di Tex, si è trovato con un eredità non da poco. A capo della casa editrice più importante del mondo (dai, esageriamo!), con lo pseudonimo di Guido Nolitta ha pure scritto qualche storia del ranger-capo Navajos-ex fuorilegge etc... etc..; diciamo che il vero Sergio Bonelli lo si vedeva quando cercava di far ridere nel mediocre Zagor, ma soprattutto quando si lasciava andare nella sua più importante creatura, Mister No, tra paludi, alcol e Jobim.
Pro e contro Bonelli hanno tutti pontificato: era il fumetto del passato, esempio di immobilismo italico, incapacità di innovare e quant'altro. Fatto sta che pochi riuscivano a sembrare (e forse a essere davvero) così sinceri negli editoriali. E così le scuse che apparivano in seconda di copertina per un aumento di prezzo, di cui si rammaricava ogni volta, o la felicità con cui annunciava un prodotto nuovo parevano così sincere che il mio coetaneo Bonelli sembrava diventare un vecchio zio al quale credere ciecamente. Persino nell'ultimo Tex Color, serie nata sulla scia dei successi delle ristampe a colori del ranger, non riusciva a nascondere il dispiacere per aver ceduto al colore. Non parliamo neanche delle ultime storie di Mister No, quando era costretto a chiuderlo e non riusciva a farlo.
Con lui sicuramente finisce un'epoca, che, se mi tocca spiegarvi che il tizio qui sopra era il capo della Sergio Bonelli Editore, cioè quella di Tex, Dylan Dog e Martin Mystère, è già finita da tempo.
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