Lo scrittore nicaraguense Sergio Ramírez (http://www.sergioramirez.org.ni/) ricorda il collega Carlos Fuentes recentemente scomparso. L’articolo è tratto da ¨Caratula, revista cultural centroamericana¨ (http://www.caratula.net/).
Lungo tutta la sua carriera letteraria Carlos Fuentes ha svolto il difficile compito di fare dell’invenzione uno strumento conoscitivo della storia o, al contrario, in quel costante gioco di specchi che è stata la sua scrittura, fare che le acque caotiche della storia entrassero nel territorio illimitato dell’invenzione. Che la storia si leggesse come un romanzo e viceversa facendo sì che gli avvenimenti della vita pubblica compissero la terribile incombenza che hanno sulle vite umane, che è alterarle e modificarle, molte volte distruggerle, e quasi mai redimerle. Il sistematico capriccio del destino che diventa letteratura.
Il suo è stato un compito ecumenico e per questo ambizioso, libro dopo libro, e nessun altro scrittore latinoamericano ricorda tanto Balzac come lui, anche nella maniera di armare la propria geografia aggruppando in una vasta mappa personale l’Età del Tempo, i territori conquistati. In questo senso, essendo uno scrittore della nostra modernità che lui stesso aiutò a creare, è stato uno scrittore che in quanto totalizzante, sembra essere nato nel secolo XIX, quando la narrazione attingeva dalla storia stessa, dall’antropologia, dalla geografia, dalla demografia, e da tutte le altre scienze sociali, per creare il romanzo che riesce a raccontare tutto, a dirlo tutto, ad interpretarlo tutto, e dagli avvenimenti riferiti e dai personaggi concepiti come enti incessanti, dare un senso al passato, alla vita presente ed anche al futuro. Un senso che in Fuentes ha avuto un significato etico.
In ¨La muerte de Artemio Cruz¨, pubblicato nel 1962, la polifonia si trasforma in un monologo. Il protagonista, che combattè nelle fila rivoluzionarie e che è giunto al vertice del potere politico e finanziario, contempla con cinismo il passato dal suo letto di morte e cerca in quel passato lezioni che già non gli potranno essere utili, perché la rivoluzione nella quale lottò è stata corrosa dal tarlo della retorica e non serve pensare al domani. Però, in ¨Años con Laura Díaz¨, del 1999, questa donna che ha vissuto gli avvenimenti della rivoluzione può guardare al futuro attraverso gli occhi di suo nipote, che si spegneranno di fronte ai focolai del massacro di Tlatelolco nel 1968, l’evento che mette fine a qualsiasi pretesa che il passato sia redimibile. È la storia che continua a tradire sè stessa. Però in Fuentes il futuro, non solo del Messico, ma di tutta l’America latina, sarà sempre un’ambizione dismisurata, com’è l’ambizione di raccontarla. Sebbene tutto sia stato narrato, tutto deve essere ancora raccontato. E ¨Terra nostra¨ del 1985 e ¨Cristóbal Nonato¨ del 1987 sono romanzi per guardare il futuro attraverso le incertezze della storia, come ¨La silla del aguila¨, del 2003. Il futuro che presto sarà realtà, perché lo scrittore sa predirlo.
Nonostante le cattive lezioni, il libro della storia rimarrà aperto per essere riscritto. È probabile che i libertatori si convertino in tiranni, però ciò che importa sono i momenti in cui si pensa al futuro e si cerca di tramutarlo in realtà. È ciò che conta per Baltasar Bustos ed è ciò che conta per Fuentes, che inoltre se lo immagina come uno scrittore dalla passione debordante. La lezione è che ogni lotta è incessante. Gli ideali non finiscono mai e sempre varrà la pena lottare per essi e quello che fa la scrittura è cercare di navigare nelle acque agitate del corso degli avvenimenti. Idee, sogni, azioni, tutto è sempre sboccato. Baltasar Bustos persegue attraverso l’America Ofelia Salamanca, una donna che è la storia allo stesso tempo, la storia dove i famosi finiscono sempre nell’immondezzaio, ad affrontare il plotone di fucilazione seduti su uno sgabello, ed infine con le teste di bronzo coperte dagli escrementi dei passeri nei parchi pubblici.
Da Fuentes, nel momento della sua morte, mi rimane l’aver appreso la mia devozione per la narrazione totale ed incessante che lui ha voluto seguire senza tregua fino all’ultimo, sapendo che doveva rubare tempo al tempo, viaggiando da un lato all’altro del continente, come Baltasar Bustos, con l’immaginazione accesa. E mi rimane la sua esemplare devozione, non meno incessante, per l’etica, sicuro che le convinzioni esistono per essere difese, e che uno ha l’obbligo di non tacere mai. Fuentes rimane ad affrontare il futuro, in piedi in questa frontiera tra il ruolo di scrittore ed il compito di cittadino, tra l’immaginazione e la convinzione.
Il testo originale dell’articolo appare su: http://www.caratula.net/ediciones/48/hojaderuta-sramirez-cfuentes.php