Sergio Sollima
E’ morto oggi, mercoledì 1° luglio, a Roma, sua città natale (1921), il regista Sergio Sollima, papà di Stefano (A.C.A.B., Gomorra – La serie, Romanzo criminale – La serie), autore negli anni Sessanta di famosi spaghetti western, come quelli che andarono a comporre un’ideale trilogia che vedeva protagonista Tomás Milián, iniziata nel 1967 (La resa dei conti), proseguita l’anno seguente (Faccia a faccia) e conclusa nel 1970 (Corri uomo corri). Nel primo e nell’ultimo film l’attore cubano dava volto al peone messicano Cuchillo, picaresco personaggio che il pubblico giovane dell’epoca non tardò a connotare politicamente, con riferimenti alle lotte rivoluzionarie terzomondiste o comunque a tematiche proprie del periodo, quali la giustizia sociale o la ribellione alle iniquità del sistema.
Queste ultime erano raffigurate da un individuo “puro”, nel senso di non socialmente integrato, e quindi in quanto tale idoneo a farsi latore, all’interno delle pellicole citate, di un particolare spirito ribelle.
Iniziò a lavorare al cinema come assistente di Domenico Paolella, firmò la sceneggiatura di alcuni film, ed infine debuttò nella qualità di cineasta nel 1962, quando diresse un episodio de L’amore difficile (Le donne, dal racconto di Ercole Patti), mentre nel 1965 e nel 1967 diede vita a tre spy story, sulla scia del successo di 007, con lo pseudonimo di Simon Sterling, rispettivamente Agente 3S3: passaporto per l’inferno, Agente 3S3: massacro al sole (protagonista Giorgio Ardisson) e Requiem per un agente segreto (qui l’interprete fu Stewart Granger).
Protagonista un indimenticabile e carismatico Kabir Bedi nei panni del principe e pirata malese, affiancato da Philippe Leroy nella parte del “fratellino” Yanez de Gomera, la splendida Carole André ad interpretare Marianna Guillonk, alias La perla di Labuan, senza dimenticare i “cattivi” Adolfo Celi, Sir James Brook, e Andrea Giordana, Sir William Fitzgerald.
Kabir Bedi “Sandokan”
Grande successo di pubblico all’epoca (oltre 27 milioni di spettatori a puntata) e notevole fenomeno di costume al contempo, Sandokan, grazie anche alla valorizzazione registica degli scenari naturali, ricreava con rara efficacia il senso d’avventura e mistero proprio delle opere d’origine, connotandolo inoltre di particolari risvolti romantici, senza dimenticare il tema “politico” della lotta contro l’oppressione colonialista per rientrare in possesso di ciò di cui si è stati privati con l’inganno e la violenza, ponendo comunque attenzione, all’interno di una battaglia individuale, spinta anche da un forte desiderio di vendetta, alla sorte dei singoli. Dello sceneggiato venne realizzata una versione cinematografica, così come furono destinati alle sale Il corsaro nero (che sfruttava nuovamente Salgari e la coppia Bedi-Andrè), 1976, e il successivo La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa.