Moira Young è nata in Canada, dove si è laureata in Storia. Diventare scrittrice è sempre stato il suo sogno ma, prima di diventarlo, è stata attrice e cantante lirica. Vive a Bath con il marito.
Serie Dustlands;
1. Dark Eden, 2011 (isbn:9788856617078)
2. + altri romanzi a seguire
Autore: Moira Young
Serie: Serie Dustlands 1
Edito da: Piemme, Freeway Fantasy
Prezzo: 17,00 €
Genere: Young Fantasy, Post-Apocalittico, Fantasy Classico
Pagine: 482 p.
Voto:
Trama: Saba ha diciotto anni, tutti trascorsi a Silverlake, una terra desolata che quasi non ricorda più il lago di cui porta il nome. La civiltà così come noi la conosciamo è sparita dalla faccia della terra e solo dei relitti, dei quali si è perso l’uso e il significato, stanno a ricordare che c’è stato un tempo, in cui tutto era diverso. Ma va bene così per Saba, fintanto che il suo amato gemello, Lugh, è con lei. Sarà una mostruosa tempesta di sabbia e l’arrivo di quattro cavalieri a cambiarle la vita. Perché rapiscono Lugh e a Saba non resta altra scelta che mettersi sulle sue tracce per salvargli la vita e riportarlo a casa. Per riuscirci dovrà superare molte prove, combattere molte battaglie, ma quello che otterrà in cambio – l’amore, l’amicizia, e una nuova consapevolezza – sarà la ricompensa per la perdita dell’innocenza. Età di lettura: da 10 anni.
C’è mancato un pelo, Saba. Si siede ansimando.
Jack! Gli metto le braccia al collo. Sto tremando dalla testa ai piedi. Non sono mai stata così felice di vedere qualcuno in tutta la mia vita!
Si libera dalla stretta. Mi guarda con gli occhi socchiusi. Cosa è successo?
Recensione
di Nasreen
Dark Eden è il primo romanzo d’esordio della serie young adult Dustlands, frutto della brillante penna di Moira Young, scrittrice di origini canadesi.
Dark Eden, è un romanzo post-apocalittico ambientato in un futuro non ben precisato dove l’umanità ormai si limita a tentare di sopravvivere fra la devastazione di una civiltà industrializzata che sembra aver fallito su tutta linea e di cui, ormai, non ne restano che vaghi fallimentari reperti sparsi fra le dune del deserto. Gli uomini si sono arresi alla legge del più forte e vivere alla giornata sembra essere l’unico espediente per andare avanti.
La stessa Saba, assieme al fratello gemello Lugh e la sorellina Emmi – che mal sopporta e verso la quale prova solo una sorta di fastidiosa insofferenza -, sembrano quasi arresi alla stessa sorte fatta di fame e privazioni, nel loro piccolo appezzamento di terreno sulle rive di un lago essiccato da tempo. Il padre, ormai in preda al delirio per il dolore di aver perso l’amata moglie, si limita ad osservare il cielo mentre Lugh, apparentemente il più forte e intraprendente, pondera già da tempo di lasciare la terra dei suoi genitori per potersi avventurare verso un nuovo posto in grado, se non altro, di sfamare le sorelle.
Quello che Lugh non aveva considerato era che il suo desiderio di lasciare le rive del non-lago si sarebbe avverato, solo non nel modo a cui aveva pensato. Infatti verrà rapito, da alcuni uomini a cavallo, e trascinato via sotto lo sguardo atterrito della sorellina e le urla della gemella che, alla fine, sarà costretta a lasciarlo andare per soccorrere il padre morente.
Da questa situazione scaturiranno una serie di decisioni e azioni che porteranno Saba ad avventurarsi nel grande deserto che aveva sempre separato la sua famiglia dai rimasugli di civiltà delle grandi città, facendo assumere a quella “reclusione” tutto un nuovo significato da decifrare.
Il viaggio che compirà sarà epico, crudo, disperato e violento. Saba, con i suoi lunghi capelli mori ed il carattere ombroso ma deciso, si ritroverà a cambiare radicalmente in tutta la sua persona accorgendosi di non essere solo l’ombra del biondo e radioso Lugh. Conoscerà nuove persone, si farà dei nemici e troverà degli alleati preziosi su cui dovrà imparare a contare, nonostante lei sia abituata a doversela cavare sempre da sola. Lo stesso rapporto con Emmi, la sorellina, muterà, spingendole a riscoprirsi e a superare l’animosità che aveva sempre spinto Saba a mal sopportare la più piccola.
Nelle loro vite entreranno numerose persone, come le Aquile Libere, Lady Pinch, il Signore della Gabbia, il Re e Jack, non dimentichiamoci del misterioso, affascinante e un po’ paraculo ma bellissimo Jack. Ah, ovviamente munito di occhi celestiali e sorriso sghembo in dotazione full optional. Questo sorrisetto sghembo sembra, ormai, parte integrante di ogni personaggio maschile con un minimo di fascino della terra, il che trasforma in un miracolo che ancora non ci siano, in giro, schiere di uomini che se ne vanno in giro con la faccia pietrificata in questa strana quanto soggettiva posa.
Ad ogni modo il rapporto fra Jack e Saba è piuttosto complesso, nonostante sia facile intuire che bene o male fra i due scatterà ben presto qualcosa e che sarà un “qualcosa” di abbastanza romantico. Unico impedimento a questo amore? Saba.
Il ritmo del libro è serrato e non ci permette di annoiarci, se non fosse che si chiude senza impiccare il lettore in un fastidioso e snervante cliffhanger. Il viaggio di Saba, quello fisico e quello spirituale, termina, in un modo o nell’altro, e avremo modo di vedere i nostri protagonisti con l’accenno di un futuro da costruire e pianificare, un futuro finalmente ricco di speranza e soprattutto libero.
Il romanzo, preso in sé per sé è un ottima prova di originalità – benché sia facile scorgere in Saba qualcosa della protagonista di Hunger Games, Katniss – che è in grado di catturare l’attenzione del lettore senza mollarla un attimo. Quello che, però disturba da morire è lo stile della scrittrice e solamente chi riesce ad estraniarsi da questo particolare riuscirà veramente a gustarsi la storia.
Infatti, benché la traduttrice ci abbia avvertiti ad inizio libro della traduzione fatta intenzionalmente con un registro poco alfabetizzato per enfatizzare la situazione di ignoranza dei protagonisti, questo non riesce a sopperire completamente il bisogno di leggere un libro che, almeno nella parte narrativa-descrittiva, sia scritto in italiano corretto. E nel quale vengano segnalati i discorsi diretti! Nessuno contesta l’intenzione dell’autrice di voler trasmettere al lettore l’ambientazione del suo romanzo attraverso un lessico base e analfabeta, ma questo poteva essere trasmesso benissimo sfruttando questo espediente solamente nei discorsi diretti; magari dando una “particolarità” ad ogni personaggi. Così, invece, appaiono tutti piatti e con la stessa “voce”, così come il testo narrativo di contorno sembra semplicemente “scritto male”. È un peccato perché molti pezzi sono difficili da interpretare “chi” abbia detto cosa, o addirittura “cosa” abbia fatto poche pagine prime: pensato o parlato?
In definitiva è un buon libro, infatti sembra che il registra Ridley Scott ne abbia acquistato i diritti per farne un film, ma lo stile dell’autrice rovina l’impatto iniziale e finisce immancabilmente per schierare i lettori in due grossi schieramenti fra chi è riuscito a dimenticarsi di questo lato negativo e quindi ha apprezzato il libro e chi, invece, non è riuscito neppure a finirlo.