Serva europa di dolore ostello, non potenza geopolitica ma bordello

Creato il 24 gennaio 2016 da Conflittiestrategie

Dimenticate pure i padri nobili fondatori dell’Europa Unita. Agivano al soldo della Casa Bianca e della Cia. Definirli spie sarebbe troppo e troppo poco allo stesso tempo. Erano tutti sul libro paga di Washington e collaboravano a creare la distopia europeista, ormai quasi realizzata. Dunque, non esclusivamente esecutori di ordini ma anche architetti della sudditanza. I grandi leader che hanno gettato i pilastri della casa comune europea, da Winston Churchill a Konrad Adenauer, da Léon Blum ad Alcide de Gasperi erano prezzolati da un paese extracomunitario che mirava a creare assetti organizzativi aderenti ai suoi obiettivi di dominio, contro il benessere delle popolazioni autoctone e per suo esclusivo interesse geopolitico. Un’ecatombe di divinità istituzionali, di mitologie politiche e di mezzi busti scultorei sui quali i bellimbusti di Bruxelles, ugualmente marmorizzati nei loro indiscutibili dogmi unitari, hanno continuato a perpetuare la leggenda di un affratellamento continentale autogestito. Balle sesquipedali e balli del potere con i quali ci hanno incantati e messo in ceppi per servire gli yankee. Ma i loro ideali, come i loro manifesti (Ventotene), proliferavano sui dollari. Sono entrati così in profondità nelle nostre teste coi loro logaritmi gialli che anche gli acerrimi nemici dell’Ue, o sedicenti tali, hanno esaltato lo spirito autentico degli Spinelli, dei Rossi, dei Colorni i quali intendevano sinceramente costruire un’Europa migliore preservandone l’autonomia decisionale in una scacchiera geografica complessa. Tutto il contrario, ovviamente, ma poiché i sunnominati erano antifascisti, ancora adesso, si accorda loro la buona fede e la nobile aspirazione. Puttanate poco ispirate alle quali solo un certo tizio parolaio poteva dare adito (leggi qui) . Giustissimo, invece, quanto affermato dal Generale Piero Laporta : “La distruzione dello Stato nazione cominciata a Ventotene è la radice del male che ci assale. Definire “nazionalismo” la sana difesa degli interessi nazionali – per delegittimarla – è la pozione drogata per il popolo, servita dai firmaioli di Ventotene e dai loro complici, al fine di dotarsi d’una doppia via d’uscita. Chiunque avesse vinto – comunismo sovietico o capitalismo occidentale – si sarebbe potuto dire “io sono nemico del nazionalismo”. E così si disse. D’altronde, le carezze sotto al tavolo fra partiti italiani – tutti – e il Dipartimento di Stato cominciarono prima e con l’8 Settembre, andarono al primo visibile effetto con l’assassinio di Aldo Moro e poi con la demolizione controllata della mafia corleonese, fino a momenti prima collaborazionista a geometria variabile di tutti gli schieramenti politici e di tutti gli aggregati di potere, nazionali e non.”

Ci hanno venduto un incubo formato continente spacciandolo per un sogno globale. Ne stiamo pagando quotidianamente le conseguenze.

Non so quante volte lo abbiamo scritto qui, sempre ignorati. Forse, l’Europa delle patrie immaginata da De Gaulle avrebbe avuto un destino diverso ma le dinamiche storiche hanno stabilito inversamente a quella prospettiva. Non basterà disfarci dell’euro per uscire dal disastro, come si può facilmente intuire scorrendo i tre articoli sottostanti (tratti da Italia Oggi e Il Giornale). Bisognerà radere al suolo tutto per ridare dignità e libertà all’Europa. Ognuno partendo dalla propria nazione. Noi italiani abbiamo davanti una vera fatica di Sisifo perché siamo messi peggio di tanti altri Stati europei per grado di soggiogamento politico e militare alla superpotenza d’oltreatlantico e, purtroppo, non solo ad essa. In questi ultimi vent’anni ci siamo arresi incondizionatamente a tutti. Siamo diventati lo stuoino del mondo.

La Ue fatta nascere dalla Cia che finanziò massicciamente tutti i leader europeisti (Italia Oggi)

DI JAMES HANSEN

Con l’entrata nel vivo del dibattito inglese sulla permanenza nella Ue (il cosiddetto referendum «Brexit») è tornata a galla, nel Regno Unito, una vecchia notizia che forse vale la pena conoscere, specialmente perché, all’epoca, è passata quasi del tutto inosservata in Italia. Nel 2000 un ricercatore della Georgetown university, Joshua Paul, ha trovato negli US national archives prove documentali molto chiare che il progetto per l’Unione europea nasce in non poca parte come una sofisticata iniziativa dell’intelligence americana. Tra gli altri documenti, un memorandum del 1950 dà istruzioni dettagliate sulla conduzione di una campagna per favorire la creazione di un parlamento europeo. È firmato dal generale William Donovan, il direttore nel corso della seconda guerra mondiale dell’Oss-Office of strategic services, diventato la Cia alla fine del conflitto. Il principale veicolo per il coordinamento e il fianziamento è stato l’American committee for a united Europe, l’Acue, fondato nel 1948. Donovan, nominalmente tornato a vita privata, ne era il presidente. Il vicepresidente era Allen Dulles, il fratello del segretario di stato John Foster Dulles e lui stesso il direttore della Cia negli anni Cinquanta. Il board era composto da numerose altre figure di primo piano nell’intelligence, sia di provenienza Cia che già attive nell’Oss. I documenti reperiti indicano che l’Acue è stato di gran lunga il principale finanziatore del Movimento europeo, la più importante organizzazione federalista europea del dopoguerra. Dimostrano, per esempio, che nel 1958 gli americani hanno fornito il 53,5% dei fondi del movimento, che contava tra i suoi «presidenti onorari» personaggi del calibro di Winston Churchill, Konrad Adenauer, Léon Blum e Alcide de Gasperi. Alcuni dei suoi rami operativi, come la European youth campaign, erano totalmente finanziati e diretti da Washington. Dalla documentazione emerge che i leader del Movimento europeo, Joseph Retinger, Robert Schuman e l’ex primo ministro belga Paul Henri Spaak, venivano a volte trattati alla stregua di «bassa manovalanza» dai loro sponsor americani, una fonte di comprensibile infelicità.

Da parte americana, come in ogni operazione segreta come si deve, i fondi necessari giungevano a destinazione attraverso strade complesse. L’Acue era «pubblicamente» finanziato dalle Fondazioni Rockefeller e Ford, come anche da gruppi d’affari in rapporti stretti con il governo Usa. Con l’inizio degli anni 60 e l’entrata nella fase più calda della «guerra fredda», è scemato l’entusiasmo Usa per l’approccio «soft» e i fondi sono stati spostati verso altre priorità. L’attenzione però era lenta a passare. L’archivio scoperto da Paul contiene anche un memorandum datato 11 giugno 1965 in cui la sezione «affari europei» del dipartimento di stato Usa consiglia al vice-presidente dell’allora comunità economica europea, l’economista francese Robert Marjolin, di perseguire l’obiettivo dell’unificazione monetaria europea agendo sottotraccia: gli raccomanda di sopprimere il dibattito al riguardo fi no al momento in cui «l’adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile».

L’Unione Europea fatta nascere dalla Cia (Il Giornale)

Di Giuseppe De Lorenzo – Sab, 23/01/2016

È di pochi giorni fa la notizia secondo cui i servizi segreti americani avrebbero messo gli occhi sui partiti europei che sognano la dissoluzione dell’Ue.
La Cia, per intenderci, sta indagando sulla Lega Nord, sula Front National di Marine Le Pen e sugli altri partiti anti-Euro di tutta Europa. Una mossa in qualche modo destabilizzante dell’equilibrio della democrazia europea, considerando che – qualcunque sia il loro programma politico – i partiti euroscettici hanno comunque diritto d’esistere. Alla luce di tutto ciò, è giusto ricordare però che la storia non ricorda solo i finanziamenti del Kgb e dell’Urss al Partito comunista italiano e i presunti fondi di Putin al FN. Anche la Cia ha fatto la sua parte nella guerra fredda dei finanziamenti occulti ai partiti. Fu proprio l’agenzia investigativa americana, infatti, a spingere l’acceleratore sull’unificazione europea e sulla creazione dell’unione monetaria. In che modo? Finanziando i leader europeisti.

A portare alla luce i documenti che provano questo flusso finanziario fu un ricercatore della Georgetown University, Joshua Paul. Il quale negli Us national archives trovò delle carte che provano lo sforzo americano nella progettazione dell’Unione Europea. Come scrive ItaliaOggi, tra i documenti scovati dal ricercatore uno in particolare ottenne l’attenzione dei media americani nel 2000, notizia che non riuscì a sfondare invece in Italia. Un memorandum del 1950 dava istruzioni precise su come condurre una campagna per favorire la realizzazione e la creazione di un Parlamento europeo. Cosa che poi puntualmente accadde. Il documento venne firmato da un generale di nome William Donovan, che durante la II Guerra Mondiale fu direttore dell’Oss, l’agenzia che poi cambiò nome in Cia. Il modo per finanziare il progetto europeo e sostenerlo fu principalmente l’American Commitee for a United Europe (Acue). Nella direzione dell’Acue troviamo proprio Donovan e alcuni altri ufficiali della Cia.

In poche parole, i documenti dimostrano che l’Acue ha finanzianto il Movimento europeo, ovvero il “partito” che più di ogni altra organizzazione ha spinto per creare l’Europa federale. Il movimento nel 1958 ha incassato il 53,5% dei suoi fondi proprio dagli Usa. Movimento che vantava tra i suoi più illustri membri personaggi del calibro di Winston Churchill, Konrad Adenauer, Léon Blum e Alcide De Gasperi. Finanziamenti dirattamente dal governo americano arrivavano anche per la European Youth Campaign, il ramo operativo del Movimento Europeo. Non solo. Secondo quanto fece emergere il ricercatore della Georgetown, alcuni leader del Movimento, tra cui anche il “padre” dell’Ue, Robert Schuman, venivano “usati” dagli Stati Uniti e senza troppi complimenti.

Per coprire questi finanziamentiu gli Usa si servivano delle fondazioni Rockefeller e Ford,. Tra i documenti appare anche un ultimo memorandum, forse il più pesante: la sezione “affari europei” del dipartimento di stato Usa “consigliò” all’economista Robert Mariolin di far di tutto per dare il via all’unione monetaria. In particolare, gli raccomanda di tenere nascosto il dibattito il più possibile fino a che “l’adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile”. In poche parole quello che è successo in seguito. Con il dibattito sull’Euro, soprattutto in Italia, praticamente assente fino al giorno dell’entrata in vigore.

L’Unione europea? È un prodotto americano”
Gli Stati Uniti hanno voluto creare l’Europa unita e l’euro per estendere e rafforzare i propri interessi sul vecchio continente” (Il Giornale)

Luca Steinmann – Ven, 04/12/2015

“Gli Stati Uniti hanno voluto creare l’Europa unita e l’euro per estendere e rafforzare i propri interessi sul vecchio continente”. A spiegarlo è Morris Mottale, professore di relazioni internazionali, politica comparata e studi strategici presso la facoltà di Scienze Politiche della Franklin University, università americana con sede a Sorengo, vicino a Lugano.

Autore di diversi libri e di pubblicazioni su riviste scientifiche (tra le quali Limes, Diplomats and Foreigna Affairs e Diplomatist magazine) è uno dei massimi esperti di Medio Oriente e di politica estera americana. A Il Giornale racconta come il governo americano sia stato in grado di determinare tutte le decisioni più importanti nel processo di formazione della UE e di come oggi la sua capacità decisionale in Europa sia tutt’altro che limitata.

Professor Mottale, si parla spesso dei forti legami tra Unione Europea governo degli Stati Uniti. Da dove ha origine questo rapporto?

“Il nodo così stretto che lega gli Stati Uniti all’Europa inizia con la vittoria militare americana nella Seconda Guerra Mondiale. L’Europa occidentale, cioè quella parte di continente rimasta fuori dall’orbita sovietica, venne ricostruita attraverso i fondi provenienti dal piano Marshall e le prime forme di mercato unico europeo, cioè la CED e la CECA che furono l’anticamera dell’attuale UE, si realizzarono in un sistema in cui l’economia europea era fortemente vincolata a quella americana. Gli Stati Uniti non hanno mai nascosto che la creazione di un’Europa unita e da loro controllata fosse la premessa della propria politica estera. Per costruirla hanno utilizzato e utilizzano la NATO. Dal primissimo dopoguerra ad oggi ogni Paese europeo che voleva entrare a far parte del processo di integrazione europea è prima dovuto diventare membro dell’Alleanza Atlantica.”

L’ingresso nella NATO è dunque l’anticamera per l’ingresso nella UE?

“Esattamente. Lo vediamo in questi giorni con il Montenegro, che per farsi ammettere nella UE ha richiesto l’ingresso nella NATO. Nonostante le opposizioni di alcune sinistre e dei nazionalisti tutti gli attuali Paesi della UE sono anche membri della NATO, tranne Irlanda e Svezia che però con la NATO hanno dovuto siglare una partnership. E’ una regola non scritta: se vuoi entrare in Europa devi prima entrare nell’Alleanza Atlantica.”

Quali sono dunque le condizioni che la NATO pone ai Paesi europei perché ne diventino membri e di conseguenza possano ambire a entrare nella UE?

“Prima di tutto viene richiesta loro la liberalizzazione degli scambi economici. Tutti i Paesi devono abbassare le tariffe doganali sui propri prodotti per permettere al libero mercato di svilupparsi. La liberalizzazione degli scambi è quindi è l’idea sulla quale convergono sia gli americani che gli attuali leader europei. In secondo luogo non va dimenticato che a seguito della conferenza di Bretton Woods del 1944, quando la guerra stava per terminare e i vincitori stabilivano le regole per amministrare il mercato globale, il dollaro è diventata la moneta principale di scambio. Dal 1944 fino al 1950 avvenne la formazione di un sistema internazionale gestito dagli americani e inizialmente anche dagli inglesi, che però poi si sono defilati perché troppo deboli. Quando nei primi anni ’50 nacquero le prime forme di integrazione europea esse erano e saranno in seguito sempre promosse dagli Stati Uniti e seguiranno le regole dettate da Washington.”

Un’ulteriore passo verso la creazione del mercato unico europeo è stata la nascita dell’Euro. Anche in questo caso hanno avuto un ruolo gli americani?

“Certamente. La moneta unica è da considerarsi a tutti gli effetti come un prodotto americano. Non è difficile capire perché: una unica moneta al posto delle 32 che c’erano prima rende molto più semplici e razionali gli scambi commerciali tra Stati Uniti ed Europa e facilita la circolazione delle merci all’interno del mercato unico globale guidato dalle regole americane. La creazione, l’estensione e il rafforzamento del libero mercato e dei valori sociali ad esso connessi è da sempre il principale obiettivo della politica estera americana. Appena hanno avuto l’occasione di introdurre una moneta unica europea andasse in questa direzione non si sono lasciati sfuggire l’occasione.”

In che contesto si è verificata questa occasione?

“Ciò che ha dato una spinta incredibile alla creazione della moneta unica è stata la caduta della Germania Est nel 1989. La Germania diventava improvvisamente una potenza di 80 milioni di abitanti con una forza economica di prim’ordine. Inglesi, francesi e molti americani erano terrorizzati dall’ipotesi di un ritorno sulla scena di un grande player globale come quello tedesco. Ciò era dovuto ad un retaggio storico ben preciso: chi conduceva la politica estera inglese, francese e americana aveva vissuto la Seconda Guerra Mondiale o aveva partenti morti nella Prima. La componente emotiva e il terrore di un ritorno dell’aggressività tedesca – peraltro per nulla plausibile – erano così forti da fare trovare tutti d’accordo nel volere creare uno strumento per controllare la Germania. E per questo venne inventata la moneta unica. Gli americani non erano tutti anti-tedeschi, ma sfruttarono l’occasione per veicolare l’introduzione dell’Euro per favorire i propri interessi economici. L’Euro venne dunque concepito come un modo per ingabbiare da Germania da parte di francesi, inglesi e anche di Andreotti, che per scongiurare l’ipotesi di un ritorno tedesco si coalizzarono per controllarne insieme l’economia attraverso una moneta comune. Gli americani sfruttarono questo loro sentimento condiviso per rafforzare il mercato unico da essi gestito. Spesso in Europa si parla dei complotti americani. Tutte cose false! Gli Stati Uniti hanno fatto tutto alla luce del sole: dissero apertamente di volere un’Europa unita per incentivare gli scambi commerciali e ottennero ciò che volevano. Ciò è oggi apertamente riconosciuto dalla politica americana, non dalle istituzioni comunitarie.”

Gli Stati Uniti hanno dunque determinato ogni fase del processo di integrazione europea. Oggi in che modo sono in grado di determinare le decisioni della UE?

“Gli Stati Uniti esercitano in Europa una capacità decisionale notevole grazie alla propria forza militare e alle proprie politiche monetarie. E stanno cercando di estendere i loro interessi nel vecchio continente. Per farlo hanno offerto all’Europa un trattato di libero scambio, il TTIP. Gli europei devono decidere se accettarlo o meno e hanno diverse divisioni interne, per esempio il timore che la competizione europea con l’America non possa reggere. Le opposizioni sono forti perché ci sono delle obiezioni alla cultura americana.”

Potrebbe il TTIP essere un mezzo degli americani per estendere il proprio potere non solo economico ma anche politico sull’Europa?

“No, perché non ne hanno bisogno. Hanno già la NATO. L’Unione europea ha totalmente fallito nello sviluppo di una difesa comune, che è completamente stata devoluta agli americani. Essi hanno già capacità decisionale perché sono i monopolisti della forza militare in Europa. E stimolando il timore reale o immaginario nei confronti della Russia per convincere gli europei che ciò sia un bene. Finché ci sarà la NATO l’Europa dipenderà totalmente dagli Stati Uniti.”