Però, a voler essere più precisi, quello che distingue oggi il centrodestra dal centrosinistra è che il primo crede molto alle radici, ai valori di un radicamento, mentre il secondo crede molto ai valori di liberazione, di emancipazione. Credo che questo sia lo spartiacque.
Indubbiamente nel paesaggio di oggi il grande problema è il dominio della finanza che sembra triturare tutto e non lasciare spazio agli schieramenti politici. Io credo all’importanza di un centrodestra dei valori e dei principi e per questo vorrei differenziarmi da un centrodestra troppo elettorale, che pensa soltanto a fare voti e non a prendere, come dire, a pensare la politica. Quindi credo che sia importante affrontare il centrodestra sia sul piano politico sia sul piano culturale.
In questo frangente serve un centrodestra razionale e realista, che faccia i conti con la realtà, che abbia i piedi per terra, ma ci vuole anche una parte romantica, a cui piacciono le grandi passioni perché il romanticismo è il grande carburante per far andare avanti le idee, mentre il realismo è il necessario ingrediente per poi farle calzare alla realtà.
Il mio è un discorso di civiltà, di società, non è un discorso partitico e quindi credo che sia importante, credo che oggi ci sia davvero la necessità di ripensare all’idea di Stato, perché noi viviamo da tanto tempo una specie di denigrazione continua dell’idea di Stato. Lo Stato va tagliato, lo Stato va ridotto. Finché si parla di statalismo è giusto far dimagrire questo Stato. Però, quando si parla dell’idea di Stato, si parla del luogo in cui sono tutelati e rappresentati gli interessi e i valori collettivi, quindi gli interessi di una collettività. Di fronte ai grandi gruppi finanziari, che comandano, di fronte alle esigenze del mercato, è necessario che ci sia un contrappeso. Questo contrappeso è dato dall’idea di Stato. Credo che sia importante salvare lo Stato dallo statalismo e far rinascere nel nostro paese il senso dello Stato, che è poi il senso del legame con gli altri, il rapporto fiduciario con le istituzioni, la coscienza pubblica. Da noi non c’è sufficiente coscienza pubblica.
Io credo che un centrodestra moderno debba porsi anche questo problema. Quindi non liberismo selvaggio, ma tentare anche di pensare alla realtà, diciamo così, collettiva, attraverso lo Stato.
Un centrodestra moderno, al passo con i tempi, dovrebbe infatti essere in grado di sintetizzare democrazia e libertà con autorità, trovando il giusto mezzo tra l’intenzione della patria europea ed il sentimento di identità e tradizione, senza i quali il tessuto sociale risulterebbe inevitabilmente impoverito. La destra, per risultare vincente, dovrebbe far sentire la propria voce, affinché non siano le fasce più deboli a dover pagare gli squilibri derivanti dalla società globale. Al momento, credo tuttavia che questo centrodestra sociale trovi difficoltà ad emergere, perché indebolita da un’eterogeneità di anime. L’ostacolo maggiore in tal senso è rappresentato dalla crisi della politica, dai meccanismi elettorali, per cui la politica risulta più legata alla contingenza dell’apparire che non a proporre un modello di sviluppo. Senza quest’ultimo, del resto, la stessa rischia di ridursi a mera conservazione del potere da parte di chi lo ha già acquisito; per queste serve un centrodestra moderno.