giovedì 29 settembre 2011 di Michele Scarpinato
L’impossibilità di trovare un lavoro normale prima di compiere i 28 anni e senza (o poca) esperienza spinge molti giovani a partecipare a questi bandi del servizio civile, come d’altronde è sempre successo con il servizio militare.
Il servizio civile, nato in seno all’obiezione di coscienza, ha lo scopo di difendere la patria in modo nonviolento, ovvero promuovere la solidarietà tra i popoli e tra la popolazione tramite incarichi di assistenza o di utilità sociale.
I progetti del servizio civile dunque ricoprono aree di lavoro del terzo settore, dall’assistenza alle persone anziane, a disabili, a minori disagiati, ma anche tutela del patrimonio artistico e culturale. L’idea che il servizio civile sia un modo per guadagnare un po’ di soldi per un anno non dipende strettamente dal fatto che effettivamente si lavora (alla faccia di chi pensa che si è “culattoni raccomandati”¹ e scansafatiche), ma è proprio il tipo di lavoro che viene assegnato che non nobilita lo scopo per cui si è stati assunti, spesso sostituendo in toto gli strutturati e imparando il gioco dello scarica barile. Forse dovremmo cominciare col cambiare il termine e ritornare a un linguaggio quasi militare e dire che nel servizio civile si è “arruolati”, per evidenziare una sorta di senso del dovere che si deve avere.
Nonostante la formazione generale che viene fatta da esperti della nonviolenza e della filosofia del servizio civile, la solfa non cambia, forse perché in Italia nessuno, Mazzini a parte, ha mai concepito il lavoro individuale come un atto per la crescita collettiva, un dovere per la propria nazione. Figuriamoci il servizio civile che non è propriamente un lavoro.
Inoltre, la non obbligatorietà cancella il senso del dovere, nessuno si chiede a che serve dare un anno di vita alla patria, specie a quel prezzo; se ci fosse una realtà lavorativa più ricca, nessuno lo farebbe. Quanti parteciperebbero alla selezione del servizio civile, quanti a quella del servizio militare, se ci fossero opportunità di lavoro più renumerative?
Gli italiani non hanno senso del dovere, solo il senso dei diritti. Se vanno a votare lo fanno solo perché sperano che gli venga riconosciuto (o mantenuto) un qualche diritto.
Il servizio civile dovrebbe essere un momento in cui ci si sente fieri di essere italiani e, come tale, sarebbe giusto poter decidere di svolgere il proprio servizio anche in città diverse dalle proprie, per conoscere anche altre realtà; invece oggi, con un rimborso fisso di 433€, non puoi andare lontano perché non ci campi, mentre i militari (che faranno un lavoro più rischioso per la loro vita) guadagnano da 850 a 950€ al mese e in più hanno vitto e alloggio gratuito e la possibilità di conoscere luoghi diversi. Dall’Unità d’Italia al fascismo il servizio militare aveva tra le sue finalità far parlare gli uomini di una regione con quelli delle altre più lontane e formare uno spirito di fratellanza che andasse dalle Alpi alle Ande.
Il servizio civile è solo un’opportunità di lavoro, spesso irraggiungibile per chi non ha raccomandazioni, che ti può dare tanto se incontri le persone giuste, può lasciarti una sensazione di tempo perso se incontri quelle sbagliate, come d’altronde avviene in qualsiasi contesto sociale.
Quando cercherete i progetti a cui partecipare, chiedetevi cosa potete dare al prossimo e se vi arruoleranno, svolgete i vostri compiti con senso del dovere, con la consapevolezza che dietro quel lavoro c’è la difesa dei diritti umanitari, dello sviluppo sociale o della conservazione del patrimonio artistico e naturale.
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