Servizio Pubblico: dagli incazzamenti dell’operaio sardo al “Billionaire”. Caro Travaglio, ecco perché “ì vorrei” non seguirti più….

Creato il 17 novembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Rina Brundu. “Che sarà, che sarà, che sarà della mia vita chi lo sa, so far tutto o forse niente da domani si vedrà e sarà, sarà… quel che sarà” cantavano i Ricchi e Poveri in apertura dell’ultima puntata del santoriano Servizio Pubblico, titolato proprio come quel gruppo musicale italiano d’antan. Cantavano prima che Michele Santoro si lanciasse nel suo solito siparietto da amante ripudiato della “serva che non serve” (leggasi RAI), ma lontano dall’aver dimenticato le sue “grazie” e dall’avere ritrovato la pace dei sensi. Mediatici. Peccato perché queste sue esternazioni con incluse frecciate al veleno contro i colleghi (vedi menzione del rinnovo del contratto di Bruno Vespa), e i dirigenti del servizio pubblico (andati, presenti e quelli futuri che a sentire Santoro saranno nominati a breve), annacquano l’ispirazione nei discorsi.

Bellissima, per esempio, l’analisi della performance dei “magnifici 5 (???), durante lo scontro Primarie-PD. Ed in particolare la critica serrata contro i miti della nuova sinistra, da Papa Giovanni al Cardinale Martini, così come decantati dai vari Vendola, Bersani e compagnia candidante in quella criptica occasione. Bellissimo il suo paragone con il Berlinguer “intoccabile” che alla maniera dei veri leader aveva i suoi seguaci dietro, non davanti (nda: alle telecamere), come invece accade ai papabili alla futura guida del più grande partito a sinistra (o quasi) dei giorni nostri. A parziale scusante di costoro occorre pure dire che in tempi come questi tempi digitali, dissacranti, irriverenti, derisori per vezzo ed opportunità, anche Berlinguer avrebbe avuto le sue gatte da pelare ma non si deve dimenticare il fatto che un leader vero diventa tale proprio quando è capace di emergere nel suo contesto di riferimento, qualunque esso sia. Non importa quanto difficile. Anzi!

Ma, siparietto d’apertura a parte, a mio avviso il Servizio Pubblico santoriano ha perso molto della verve, dell’entusiasmo e della grinta che aveva l’anno scorso e che molto spesso ho “celebrato” su questo sito beccandomi anche il rimprovero di qualche frequentatore. Detto altrimenti, gli manca la piazza. In compenso, non mancano gli “amici”. Il problema è che un giornalista vero caro Santoro e caro Travaglio non dovrebbe avere amici. Conoscenti sì, persone con cui discutere civilmente e in maniera propositiva sì, ma, per citare Venditti (che onestamente preferisco ai Ricchi e Poveri), “amici MAI”. Invece l’amicizia con Antonio di Pietro – giusto per ricordarne una – era chiaramente evidente nella puntata di una settimana fa. Una puntata che pareva quasi organizzata per dare al leader dell’IDV la possibilità di “smentire” quanto evidenziato dal Report di Milena Gabanelli.

E sempre a proposito di giornalismo d’assalto e di donne giornaliste occorre anche aggiungere che se una rondine non fa primavera, quattro Costamagne non fanno una Gabanelli. L’intervista della Costamagna ad un Briatore – che nell’occasione ha suscitato una grande tenerezza – ha infatti riproposto tutte le “pecche” nel modo di proporsi e di proporre di questa giornalista. Ancora domande lunghissime, prolisse, dove la chiusura ha già mandato a quel paese l’incipit per manifesta incompatibilità e, ancora, mancanza di rispetto-mediatico per l’interpellato, il quale, ci piaccia o no, ha il diritto di rispondere. E ha anche il diritto di non essere interrotto ogni due secondi. Non ho mai avuto un “parere” rispetto al personaggio o al manager Briatore ma se dovessi giudicare da ciò che si è visto Giovedì sera direi che la partita l’ha vinta lui, nelle argomentazioni e nel modus di esporle. Come a dire che pure tutti i peccati capitali o veniali commessi al “Billionaire”, in strepitosa terra sarda, possono essere rimessi: grazie al giornalismo di questi tempi!

Che dire infine del mio amatissimo Marco Travaglio? Incolore è il minimo complimento che gli si possa fare. Il suo sermone contro la Fornero somigliava più al racconto velenoso di una comare invidiosa piuttosto che ad una analisi obiettiva dell’azione politica della ministra. Perché una analisi sia obiettiva infatti deve essere rapportata al contesto, ai “constraints” che quel contesto impone e deve dare preminenza alla macro-picture non al dettaglio che meglio si addice al giornalismo di provincia. Pessimo, a mio avviso, il suo intervento a difesa della maestrina Costamagna nel confronto con l’ex boss della Formula Uno. E non lo dico per gelosia. Naturalmente una giornata-no ci sta, tuttavia il problema resta che quest’anno il giornalista de Il Fatto non ha ancora ingranato e spesso si mostra alla stregua di un diamante la cui brillantezza si è paradossalmente opacizzata per consunzione. Caro Guido, pardon, caro Marco ecco quindi perché ì vorrei… non seguirti più. Then again… sempre citando Venditti è pur vero che: “Certi amori non finiscono. Fanno dei giri immensi e poi… ritornano”. Speremo bene.

Featured image Marco Travaglio durante l’ultima puntata di Servizio Pubblico.

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