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Servizio Pubblico shakesperiano: a volte ritornano. L’orazione funebre di Della Valle agli Agnelli e al pastore. E sull’Alfano-Desdemona white-ewe. Male le donne. Apologia di Travaglio.

Creato il 28 ottobre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Servizio Pubblico shakesperiano: a volte ritornano. L’orazione funebre di Della Valle agli Agnelli e al pastore. E sull’Alfano-Desdemona white-ewe. Male le donne. Apologia di Travaglio.di Rina Brundu. Servizio Pubblico è tornato. Michele Santoro è tornato. Marco Trovaglio è tornato. A sentire le notizie di questi giorni sarebbe tornato anche Silvio Berlusconi ma la faccenda esula (o quasi) dagli argomenti trattati in questo pezzo. Anche perché, sebbene l’incipit del programma sia stato dedicato ai giorni “eroici” di Forza Italia e ai personalissimi ricordi santoriani di un Berlusconi pre-discesa-in-campo (la prima, appunto), il Cavaliere non era tra gli ospiti.

Gli “eletti” della speciale occasione (chiamati a dirimere sull’usato paradigma delle colpe di Monti ??? in particolare e del montismo in generale, nonché sulle idee “brillanti” del vate santoriano per eccellenza, ovvero quel Paul Krugman di “Economics and Politics” che si scopre occhio di falco economico giusto dopo un quarto di secolo di terrorismo capitalistico che ha messo in ginocchio l’intero pianeta), erano niente-poco-di-meno-che l’infaticabile sindaco di Firenze, rottamatore per convinzione, convenienza politica et elezione (qui, bisogna ancora vedere!), Matteo Renzi, il Presidente della Camera Gianfranco Fini e un quanto mai ispirato et battagliero, shakespeariano quasi, Diego Della Valle. Ne deriva che il mood nello studio era  elettrizzato-quel-tanto-che-basta, molto in linea con il trend da basso-profilo-montistico (si fa per dire) e in omaggio al clima di austerity imperante. La linea di Matteo Renzi era comunque chiara, per certi versi immutabile. In altre parole, lungi dal raccontare “qualcosa” di sinistra (sebbene alquanto pungolato in questo senso), ha ribadito che il “problema”, quello di fondo, sta nella mancanza di autorevolezza della solita classe dirigente politica fallimentare, detto altrimenti, quella stessa  classe dirigente che dettava legge quando lui frequentava le scuole elementari. Alla maniera del suo mentore-ideale (quello di Arcore), ha quindi snocciolato numeri e paradigmi buonisti et ottimisti per tutto il tempo, lamentando la sottovalutazione (sempre da parte dei rottamati di cui sappiamo), della rabbia strisciante tra l’opinione pubblica. Domanda: ma perché Renzi si duole tanto dello status quo? Non dovrebbe gioirne come  rapace e/o machiavellica volpe astutissima che attende al varco la talpa-orba?

I problemi frenanti una qualsiasi performance mediatica efficace del Gianfranco Fini di questi tempi sono stati, invece, la sua stretta veste istituzionale, quel certo ruolo che gli calza a pennello di padre politico nobile e i postumi dell’incidente in quel di Montecarlo (no, non sto parlando di incidente automobilistico tipo Gran Premio di Formula Uno!). Fortuna che, in chiusura di serata, a dare nuovo smalto alla superficie un poco opaca et vittima della Sindrome da Prima Puntata, ci ha pensato un lucidissimo e quanto mai poetico Diego Della Valle, lui invece sì vittima di incidente d’auto-made-in-Italy ma a quanto pareva perfettamente illeso. Per molti versi ascoltando la sua orazione funebre delle velleità dell’industria automobilistica italiana e di quella made in Torino in particolare, pareva di ascoltare l’Antonio del Giulio Cesare shakesperiano: “Amici, Italiani, compatrioti, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Marchionne, non a lodarlo. Il male che gli accordi mai rispettati con governo e sindacati, fecero, sopravvive loro; il bene (scarso) è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia degli Agnelli”. Amen. Che nell’Italia storicamente stretta nelle maglie dei poteri forti un simile discorso non si era sentito mai e la cosa dovrebbe dar da pensare. Fino alla prossima occasione elettorale, naturalmente, quando, nel segreto della cabina elettorale, il gattopardico Signor Rossi (per fato e per elezione, è proprio il caso di dirlo) rimetterà le cose a posto alla sua maniera: ovvero, tutto resterà come prima!

Che le tematiche shakespeariane hanno a loro modo sottilmente permeato l’intero scorrere della trasmissione. Per esempio, il sondaggio Internet, pensato per scovare un ideale futuro leader a cui far sfidare il Monti più credibile e carismatico, ha visto, in questa prima puntata, lo scontro diretto Alfano vs Maroni. Soprattutto, ha visto la vittoria dell’infaticabile ex-ministro dell’interno e del lavoro dei vari governi berlusconi, nonché novello padre vero della Lega Lombarda in affanno, quasi come se i votanti e gli autori avessero avuto “sentore” del brand-new role del segretario del PDL. Di quale ruolo parlo? Di quello da Desdemona white-ewe sui generis, ovvero di agnello politico (mai delfino credibile!) sacrificato sull’altare della furia del leader determinato a fare piazza pulita di ogni residuo connubio politicasinistrica-magistratura. Che a dire “l’avevamo detto noi” si fa peccato ma è la verità!

Per il resto, male le donne del programma: dalle interviste montistiche della Giulia che manca di grinta (per la verità in quei pregevolissimi colloqui non era solo l’intervistatrice “un poco” imbalsamata ma anche i nobilissimi-tecnici montiani intervistati!), allo stile logorroico di una Luisella Costamagna ansiosa di inserire nell’inciso delle sue questions tutto lo scibile umano sulla dietrologia politica made-in-Italy, o almeno quello di cui lei è al corrente. Potrebbe e dovrebbe dare molto di più: in altra guisa! E Travaglio?  Il suo primo sermone è cominciato costì: “Consigli per i tangentisti. Secondo l’avvocato Flick si dividono in due categorie: gustavo dandolo e godevo prendendolo…..”… prima però di perdere una data “verve” e diventare il solito discorso travaglico condito di numeri, supposizioni, teorie più o meno ragionate, metodo scientifico-giornalistico montanelliano e un dato sapore acido che non guasta mai. Ma, come è noto, io l’apologia di Travaglio la faccio comunque o, come direbbe l’incommensurabile Totò….a prescindere.

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