sesso (poco) in masseria...

Da Omar
Trasgrediamo (di poco) in chiave erotica la consueta direttiva southern-noir che anima queste pagine per parlare di un oggetto semi-sconosciuto dal titolo Cugini Carnali. Trattasi di una pellicola datata 1974 by Sergio Martino, efficace facitore di giallacci scollacciati che cedette per l'occasione al tema predominante nelle sale della epoca: quell'erotico «casalingo» generato dal supremo capostipite Malizia, made in Samperi. Cugini Carnali non è evidentemente chissà quale capolavoro, ma - perlomeno agli occhi del titolare del blog - possiede alcune indubbie qualità che lo ascrivono tra i cimeli da studiare. Prima tra tutte la volontà di declinare con sguardo inconsueto rispetto alla prassi la connotazione del meridione cinematografico: al contrario dell'abusatissima Sicilia tutta coppola e lupara, qui infatti il tentativo è di sondare le ipocrisie e le miserie delle famiglie borghesi di un Salento assai poco avvezzo al Grande Schermo (Edoardo Winspeare e Ferzan Ozpetek sono ancora distanti anni-luce) e ben lungi dall'essere la meta turistica di eccellenza di questo nostro ultimo (disperato e dolente) decennio.Operina dall'impianto a orologeria - nella misura in cui si può, cronometro alla mano, prevedere esattamente quando succederà cosa - il film sudaticcio e mediterraneo ruota attorno alle peripezie del sedicenne Nico D’Altamura (Alfredo Pea, oggi notissimo character siculo-romano), il quale alla vigilia della cresima si vede piombare in casa la cugina Sonia (la meteora Susan Player, magra e ossuta ma invero assai sensuale), venuta da Roma per le vacanze e per ricevere dal di lui padre preside di liceo ripetizioni di latino. Timido e introverso, turbato da sogni erotici cui l’ambiente familiare, fatto di ipocrito moralismo, impedisce di dare sfogo, Nico subisce da parte della spregiudicata ragazza un’opera di continua seduzione, cui però, pur struggendosi nel desiderio, è incapace di corrispondere. Provate tutte le armi, compresa quella della gelosia, Sonia, poco prima di ritornare nella Capitale, ricorre a uno stratagemma per allontanare gli zii e restare sola in masseria con Nico, cui si offre ormai apertamente. Il dài-e-dài fra cugina smaliziata e adolescente allupato toglie sicuramente spazio a un bravo Riccardo Cucciolla nelle vesti del papà latinista austero ma dai molti vizi (coi capelli sporcati di grigio alla Aldo Moro, che di quei lidi era natìo) mentre nella galleria dei vecchi laidi alla Brancati entra di prepotenza un notevole Hugh Griffith. Sono però la rappresentazione del piccolo borgo sudista e la scelta delle locations la vera sorpresa, con la splendida Masseria Spina Grande nel barese e il paese di Nardò (con relativa agro circostante, ancora oggi magnifico esempio di wilderness salentino) a far da sfondo alla vicenda. Ultima ma non marginale componente le musiche del maestro Claudio Mattone, ad alto tasso melodico e un forte retrogusto lounge, veramente nostalgiche.

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