Tomas Bassini
Di TOMAS BASSINI
E non rimane che aspettare la caduta di casa,
il botto grande come da festone ma più brutto.
Non rimane che provarci a stare pronti un poco la sera,
ad avere tante dita da incrociare (che poi si fanno bastoncini
e giochiamo a un lungo gioco giapponese).
Non mi resta che vederti già vestita, pettinata,
scendere in cucina e risalirne carica
come d’abbuffata, di corni rossi.
Non ti restano che i piccoli breviari,
le mani sulla bocca per i finali con sorpresa.
E così che ci spieghiamo la maniera di raggiungere un primato
(che nel mezzo ci può stare almeno un colpo di fortuna).
Così che andiamo avanti di questi salti poveretti
alla guida d’un cane, di questi salti fedelissimi.
*
Ora che la finiremo con i giochini al massacro
ora che i nostri presentimenti saranno tutti giusti
ti riprometti di contare le volte mie più buone
mi domandi delle tue visioni mostruose
di come posso stare bene nei panni di un cattivo
di un gringo messicano senza denti
Al cuore Ramòn, al cuore!
E figurarsi se non dovremo litigare anche stavolta
ora che vinco, anche su questo, e nemmeno di misura
ora che la notte sogno la Madonna.
*
Ora che non avremo tutto questo tempo per decidere le cose che ci fanno male,
che non avremo tutto questo spazio e le case quelle sì che ci mancheranno.
Ora che ci saranno i giardini, i cortili, le telegrafiche che suonano bene.
Ora che ci mancherà la filodiffusione
avremo una miriade di puntini rossi da smantellare
i muri portanti delle nostre correzioni.
E non è per questo, ti dico, se non daremo nessun nome a un cane
o se ci saranno anche solo poche probabilità che ci riescano ancora
i nostri trucchi buoni
le meraviglie da cilindro che poi passano alla fuga
all’evasione.
*
Ora, fra noi, s’instaura il telefono.
Le conversazioni si fanno più distaccate,
durano un poco di meno.
“Ci dovremmo vedere,
uno di questi giorni.”
Da te è come se venisse giù acqua,
o almeno ci prova.
“Ci dovremmo vedere,
tanto per sapere come stiamo.”
Da me è come se le bottiglie che sono sul pavimento
ci fossero sempre state.
Qualcuna è addirittura sul punto preciso
dove le goccioline fanno centro.
“Ci dovremmo vedere…”
Alla fine mi raccomandi di stare bene
e di non lasciare che qualcun altro vinca al posto mio.
Probabilmente
non ce la siamo mai augurata in maniera tanto simile.
*
È che è passato tanto tempo da quando ci usavamo
come un insegnamento
e tu entravi e ti lasciavi aperta senza che te lo chiedessi
e dicevamo insieme le stesse parole sconce
e le inventavamo anche diverse, e contenti ce le passavamo.
È che ce ne erano pure altre che lasciavamo andare
e che poi, a rivedere, facevano venir voglia di ridere
e soffiar via le mosche per pensarci cretini.
È per questo che tengono grucce appoggiate agli stendini
e sulle grucce vestaglie di donna, camicie tendenzialmente indiane,
asciugamani ed un paio di ciabatte che non sembrano ciabatte.
È per questo che le cose vanno così male,
diamo confidenza pure alle cassiere che c’imbustano la spesa.
*
Sarà cosa giusta che ti porti avanti
e che mi spieghi tutto anche se in un brevissimo lasso di tempo.
Cosa buona avere la formula che fa tana e libera tutti:
avere i morti per casa e potergli dare una specifica malattia,
un decorrere piatto ma esauriente.
Allora sarà cosa buona e sempre giusta risalirne le cause
e assegnargli un discorso.
Argomentare-argomentare in una linea molto poco generale,
arrampicarsi-arrampicarsi fino alla costruzione di un complesso di motivi,
una costellazione.
Arrampicarsi e poi discriminare,
– non essere mai stati così tanto discriminanti e così tanto
sperimentali –
averle tutte, le ragioni necessarie da una parte e quelle coadiuvanti
da quell’altra.
Averla bene, la percezione di ogni singola alterazione.
Alla fine non ci sarà nemmeno da scegliere o da fare troppi
pettegolezzi.
I fatti li vedremo messi in fila come rittissimi birilli.
Sarà cosa lampante e sicura stabilire
che questo proprio non è quel risultato migliore che potevamo trovare.
*
NOTA
Comincio ad essere leggermente indispettito,
sarà per la tua situazione attuale o forse per la mia
comunque I’m a little bit depressed.
Comincio a tentare traduzioni buone per i tuoi giorni mestruali
ma anche per quelli liberi, really free.
Comincio a provarle tutte senza capire se sono i conti che non tornano
o se sei tu che dici cose che non c’entrano niente
– come camuffarsi come portare vino freddo o caldo
come frequentare insieme reading di poesia –
you’re strange, too strange, you’re a middle-class woman.
Allora vedo che ti sei fatta regalare una nuova borsa a scacchi
e mi faccio indispettito. Vedo che ti sei tagliata i capelli
e mi sembrano naturali le cose che succedono.
Vedo lui e penso Sorry,
I’m a little bit depressed
but he is late.