Voi, lettori, avrete sicuramente già capito cosa trovai quella sera dentro la pentola, ma l’ingenuità e il buon senso avevano fatto in modo che io non fossi tanto fortunato da capirlo per tempo: sono stato cresciuto in mezzo agli animali, ero abituato a vedere e mangiare la carne dei miei stessi compagni di giochi, mai avrei pensato di mangiare, un giorno, il mio stesso figlio! L’orrore per quello che avevo fatto mi riempì la gola e non riuscii a scappare da quella stanza, i miei piedi erano diventati pietra e non rispondevano più ai miei comandi, provai a trattenere la bocca ma il fiotto color del sangue venne fuori con l’impeto di un fiume in piena, e mi lasciò senza forze. Svenni. Mi ritrovai seduto sul divano davanti al camino acceso, le mie palpebre si sollevarono appena, in attesa di riprendermi completamente; sul fuoco non c’erano pentole che ribollivano, il pavimento era pulito, non vi era traccia di quello che era successo qualche ora o minuto prima.Con le poche forze rimaste mi alzai cercando mia moglie, pensando che si trattasse di un brutto sogno, un terribile incubo; la trovai distesa sul letto, stava dormendo e non sentì i miei passi che arrivavano dal piano inferiore, trascinavo i piedi. Non ero in me, era come se qualcuno muovesse il corpo al posto mio; l'incubo mi trascinò fino alla stanza dove la donna dormiva - chiedo pietà per la mia anima ma non ero cosciente di quello che stava succedendo in quel momento! -, presi un cuscino e lo poggiai delicatamente sulla sua testa, e allora strinsi, strinsi più forte che potevo, il tempo si dilatò e poi si accorciò, il sudore scese dalla mia fronte, arrivò alla mia bocca e poi cadde dal mento. Mia moglie non si oppose alla mia pressione, non si mosse, l’unico movimento fu un sussulto dei piedi prima di morire, ero furioso con lei e non controllavo le mie azioni, però era ciò che volevo, volevo ucciderla!Seppellii il cadavere nel giardino dietro la fattoria dei miei genitori: notte, buio, e la terra era bagnata sotto i miei piedi; non feci molta fatica a coprire la pelle bianca, i suoi occhi erano chiusi e la sua pazzia messa a dormire per sempre. Tornai a casa e cominciai a sentir male allo stomaco, un dolore che aumentava con il passare del tempo, pensai alla cena e a tutto quello che era successo. Mi distesi sul divano sperando che il dolore passasse velocemente, invece diventò sempre più forte! Un bagno caldo avrebbe placato le mie sofferenze – sicuramente, pensai, sono frutto della stanchezza e dell’orrore che i miei occhi avevano dovuto vedere quella sera -. La mia immagine riflessa allo specchio sembrava molto più vecchia del vero me: la barba cresciuta, gli occhi spenti, i capelli avevano assunto il colore delle nuvole cariche di pioggia. Sul mio stomaco notai delle macchie - dio! Raccontare questi fatti potrebbe sembrare da pazzi, ma io non sono pazzo! -, le macchie sembravano diventare sempre più scure, definite, terrificanti. Sul mio stomaco potevo benissimo distinguere il volto placido di un bambino, mio figlio! La piccola creatura di cui mi ero nutrito quella stessa sera, qualche ora prima, adesso stava provando a venir fuori dal mio corpo!FO
Voi, lettori, avrete sicuramente già capito cosa trovai quella sera dentro la pentola, ma l’ingenuità e il buon senso avevano fatto in modo che io non fossi tanto fortunato da capirlo per tempo: sono stato cresciuto in mezzo agli animali, ero abituato a vedere e mangiare la carne dei miei stessi compagni di giochi, mai avrei pensato di mangiare, un giorno, il mio stesso figlio! L’orrore per quello che avevo fatto mi riempì la gola e non riuscii a scappare da quella stanza, i miei piedi erano diventati pietra e non rispondevano più ai miei comandi, provai a trattenere la bocca ma il fiotto color del sangue venne fuori con l’impeto di un fiume in piena, e mi lasciò senza forze. Svenni. Mi ritrovai seduto sul divano davanti al camino acceso, le mie palpebre si sollevarono appena, in attesa di riprendermi completamente; sul fuoco non c’erano pentole che ribollivano, il pavimento era pulito, non vi era traccia di quello che era successo qualche ora o minuto prima.Con le poche forze rimaste mi alzai cercando mia moglie, pensando che si trattasse di un brutto sogno, un terribile incubo; la trovai distesa sul letto, stava dormendo e non sentì i miei passi che arrivavano dal piano inferiore, trascinavo i piedi. Non ero in me, era come se qualcuno muovesse il corpo al posto mio; l'incubo mi trascinò fino alla stanza dove la donna dormiva - chiedo pietà per la mia anima ma non ero cosciente di quello che stava succedendo in quel momento! -, presi un cuscino e lo poggiai delicatamente sulla sua testa, e allora strinsi, strinsi più forte che potevo, il tempo si dilatò e poi si accorciò, il sudore scese dalla mia fronte, arrivò alla mia bocca e poi cadde dal mento. Mia moglie non si oppose alla mia pressione, non si mosse, l’unico movimento fu un sussulto dei piedi prima di morire, ero furioso con lei e non controllavo le mie azioni, però era ciò che volevo, volevo ucciderla!Seppellii il cadavere nel giardino dietro la fattoria dei miei genitori: notte, buio, e la terra era bagnata sotto i miei piedi; non feci molta fatica a coprire la pelle bianca, i suoi occhi erano chiusi e la sua pazzia messa a dormire per sempre. Tornai a casa e cominciai a sentir male allo stomaco, un dolore che aumentava con il passare del tempo, pensai alla cena e a tutto quello che era successo. Mi distesi sul divano sperando che il dolore passasse velocemente, invece diventò sempre più forte! Un bagno caldo avrebbe placato le mie sofferenze – sicuramente, pensai, sono frutto della stanchezza e dell’orrore che i miei occhi avevano dovuto vedere quella sera -. La mia immagine riflessa allo specchio sembrava molto più vecchia del vero me: la barba cresciuta, gli occhi spenti, i capelli avevano assunto il colore delle nuvole cariche di pioggia. Sul mio stomaco notai delle macchie - dio! Raccontare questi fatti potrebbe sembrare da pazzi, ma io non sono pazzo! -, le macchie sembravano diventare sempre più scure, definite, terrificanti. Sul mio stomaco potevo benissimo distinguere il volto placido di un bambino, mio figlio! La piccola creatura di cui mi ero nutrito quella stessa sera, qualche ora prima, adesso stava provando a venir fuori dal mio corpo!FO
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